“Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto”

“Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto”
“Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto”; Giorgio Càeran – ‘Youcanprint’ (2ª edizione) – 2023 – 568 pagine – formato cm 17 x 24. &&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&& &&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&

mercoledì 19 dicembre 2012

Brani presi dai miei libri.


1)   TRATTO DAL LIBRO “MEZZO SECOLO RINCORRENDO IL MONDO – NEI VIAGGI LA VESPA FU IL PRIMO AMORE… POI VENNE IL RESTO”, di Giorgio Càeran:

Ho sempre amato i viaggi, sin da quando ero giovane, deciso a licenziarmi quando il datore di lavoro non mi concedeva dei mesi di permesso non retribuito. Io, però, volevo andare in India con la Vespa (e starmene via senza date da rispettare, al punto che in quel viaggio stetti lontano dall’Italia undici mesi), attraversare il Sahara con ogni mezzo, navigare il rio Ucayali su una rudimentale imbarcazione (mangiando cibi cotti con l’acqua del fiume), andare nella Patagonia e nella Terra del Fuoco (in autostop), salire sulle Ande, conoscere l’Africa, eccetera… e di conseguenza, senza tentennamenti, non avevo alternative che dire addio ai miei posti di lavoro, oppure ottenere permessi non retribuiti (ma in questo caso solo in un paio di occasioni è stato possibile farlo, perché di norma non è mai concesso). Non posso dimenticare anche i viaggi faticosissimi nell’Africa subsahariana, sia su deteriorati tassì-brousse (tassì collettivi) sia su sovraffollati treni; o che in Madagascar ho rischiato di annegare per cause assurde e incredibili. Ovunque ho ricevuto calorosa ospitalità e aiuti da parte dei nativi, ho familiarizzato con una moltitudine di persone... alcune delle quali sono poi venute a trovarmi in Italia.

 

 

2)   TRATTO DAL LIBRO “GIRAMONDO LIBERO - IN VIAGGIO CON LA VESPA O CON LO ZAINO, di Giorgio Càeran:

Un viaggio motociclistico non è un tentativo di afferrare la luna dal pozzo, ma è alla portata di tutti. Non ho cercato di coprire velocemente più chilometri possibili, ma badando soprattutto a vivere un’esperienza appassionante. È necessario solamente non dimenticare mai che nessun viaggio del genere va fatto alla leggera. Oramai non è più possibile definire un raid “eccezionale”, quindi considero i miei viaggi esperienze che mi hanno dato molto, che mi sono state assai utili e nient’altro. Ho potuto constatare che quelle prove così difficili sono servite a migliorare un po’ il mio carattere, a rafforzarmi, a farmi formulare poi, a posteriori, un giudizio più riconciliato con la vita.

 

 

3)  TRATTO DAL LIBRO “MEZZO SECOLO RINCORRENDO IL MONDO – NEI VIAGGI LA VESPA FU IL PRIMO AMORE… POI VENNE IL RESTO”, di Giorgio Càeran:

Penso alla molla che mi fece scattare la passione del viaggio e nacque durante i tre anni di collegio (arti grafiche) che vissi a Roma, quando in quel periodo ci furono due segnali precisi che m’infiammarono:

1)  vedere giovani europei seduti sui gradini di Piazza di Spagna, con sacchi a pelo e zaini;

2)  il film “Easy Rider - Libertà e paura”, uscito nel 1969 (quando io avevo diciassette anni).

M’immedesimavo in sella a una di quelle due moto chopper e guidare verso nuovi orizzontiEcco, queste sono state, per me, le due scintille che mi scatenarono l’entusiasmo per i viaggi... ma viaggi di un certo tipo, pieni di emozioni forti.

 

 

4)   TRATTO DAL LIBRO “MEZZO SECOLO RINCORRENDO IL MONDO – NEI VIAGGI LA VESPA FU IL PRIMO AMORE… POI VENNE IL RESTO”, di Giorgio Càeran:

Ciò che ci salva è il movimento, sia fisico sia mentale. Ciò che ci penalizza, invece, è l’immobilità del corpo e della mente… ed essere ripetitivi è una forma d’immobilismo. Questo non significa rinunciare ai propri ideali, ai sogni che è giusto continuare ad alimentare, ma per immobilismo s’intende rifare tediosamente le stesse cose all’infinito senza cercare delle scelte diverse. È la paura di cercare cose nuove. È mancanza di personalità. Percorsi nuovi dunque, sì certo, ma purché non siano dettati solo dai mal di pancia del momento.

È meglio essere circondati da chi abbia girato il mondo, anziché da chi pensa che l’intero mondo giri intorno a loro. E, analizzando ancor di più, ho una simpatia per chi fa i viaggi lenti. Viaggiare veloci si diventa come dei pacchi postali, mentre il vero viaggio va assaporato con lentezza; il piacere della scoperta del mondo va sorseggiato piano e non trangugiato tutto in un colpo. Solo così il ritorno a casa al termine d’ogni viaggio diventa la fine di un sogno agitato, emozionante e irripetibile.

 

 

5)   TRATTO DAL LIBRO “UNA VESPA, UNO ZAINO, UN SACCO A PELO, UN VIAGGIO”, di Giorgio Càeran:

Quando mi sento libero mi approprio della vita, sapendo di non essere un robot con il cervello disseccato e privo di qualsiasi capacità di provare emozioni. Lo so che la libertà autentica è un’utopia, ma un poco in essa devo pur credere, perché c’è una possibilità d’essere libero. È giusto pensare al proprio benessere, ma ancor più giusto è sperimentare ogni tanto una vita colma di fascino e d’imprevisti.

Ci sono inculcati tanti falsi valori quali “valori reali”, perciò spesso finiamo, a torto, di credere che la felicità sia il materialismo o la vincita al lotto. Poi però qualcosa dentro di noi dice NO, non è vero! La verità non può essere questa, c’è altro da cercare e da scoprire. Vivere, però, sognando a occhi aperti serve a poco: bisogna cercare di realizzare ciò che si desidera se davvero si desidera... affinché si eviti che la luna diventi un sogno per chi, in realtà, non ha sogni. È per ciò che ogni tanto c’è chi s’imbarca su una zattera o su uno scooter e parte: solo alla ricerca, in fondo, di qualche particella di verità.

 

 

6)   TRATTO DAL LIBRO “GIRAMONDO LIBERO - IN VIAGGIO CON LA VESPA O CON LO ZAINO”, di Giorgio Càeran:

L’umanità non è una produzione in serie di oggetti modellati nella stessa misura e forma. Ci sono individui che si differenziano dagli altri non per potenza e ricchezza, bensì per coraggio: coraggio nel difendere i propri ideali, coraggio nel combattere i nemici dell’ecologia, coraggio di dire NO alla civiltà dei consumi superflui, coraggio di condannare chi, con falso coraggio, fa di un villaggio un cimitero di trucidati; coraggio di gridare NO a chi approva l’invasione “preventiva” di nazioni sovrane; e ancora coraggio d’amare l’avventura e a volte soffrire per essa. Il coraggio è ciò che più ammiro in una persona, che sia politicamente in lotta contro i regimi repressivi (coraggio sociale), o che proceda verso nuovi orizzonti (coraggio individuale): non posso che constatare con gioia che tante persone, spesso con mezzi inadeguati, raggiungono mete impensate. Ho ammirazione per i primi temerari delle macchine volanti, per i primi esploratori dei Poli, delle foreste, degli oceani, dei deserti, delle più alte vette delle montagne; e per tutti quegli uomini che, appunto con coraggio, hanno fatto dell’avventura una ragione di vivere.

Una delle molle interiori che fa scattare l’inesauribile desiderio di partire, di conoscere nuovi mondi e nuovi popoli, è la voglia di staccarsi da tutto ciò che nasce dalla rigida routine d’ogni giorno. È la ferma volontà di lasciare la massa della gente – spesso mediocre e ipocrita – che troppe volte isola e raramente unisce, per riflettere tranquilli in una solitudine cercata e voluta. C’è pure la profonda convinzione che una volta tanto si possa abbandonare un posto di lavoro sicuro, per cercare le risposte ai nostri intimi “perché?”, che formuliamo osservando certe dure leggi della vita senza comprenderle e anche, perché no, per scrollarsi di dosso i consigli dei conservatori bempensanti: frenati, attendi, pazienta, rassegnati ad accettare il tuo posto nella società, non tentare di modificare il corso del destino, non lasciare la vecchia via per la nuova. Certo regole d’oro, ma di tanto in tanto evadere dalla realtà d’ogni giorno diventa una necessità insopprimibile.

 

 

7)   TRATTO DAL LIBRO “GIRAMONDO LIBERO - IN VIAGGIO CON LA VESPA O CON LO ZAINO”, di Giorgio Càeran:

L’arte del saper viaggiare include, soprattutto nei Paesi tropicali ed equatoriali, la pazienza di mercanteggiare di fronte alle sparate di prezzi assurdi, e chi non lo fa (o lo fa raramente) ha compreso poco dei costumi locali e delle abitudini in uso in determinate nazioni. Immedesimarsi nella quotidianità dei nativi significa, fra l’altro, considerare il tempo come un amico e non come un qualcosa di sfuggevole, con il rischio di rimanerne imprigionati. Mercanteggiare per l’acquisto di un prodotto, per il prezzo di un hotel o per l’autobus significa avere tempo, pazienza e tolleranza verso la gente del posto. Significa accogliere le loro abitudini, facendosi quindi accettare meglio.

 

 

8)   TRATTO DAL LIBRO “GIRAMONDO LIBERO - IN VIAGGIO CON LA VESPA O CON LO ZAINO”, di Giorgio Càeran:

Viaggiando non ci si deve accontentare di poco, quando invece si può avere molto in fatto d’emozioni e di conoscenze, che rimarranno dentro di noi e che nessuno potrà mai comprendere fino in fondo. Si viaggia per sé stessi e non certo per avere il plauso delle persone sedentarie, che considerano i viaggiatori come gente strampalata. A volte mi domando se i tipi cosiddetti “normali” siano quelli come me, oppure gli altri… chissà! L’amore per i viaggi ha un prezzo che si paga con tanti sacrifici (licenziamenti, permessi non retribuiti, separazione sia pure momentanea dalle persone alle quali si vuole bene, rischi di ogni genere, incertezza per ciò che accadrà al ritorno a casa… tutte cose che gli “altri” non sono in grado di comprendere né di provare; oppure, se le comprendono, non hanno il coraggio di affrontarle).

 

 

9)   TRATTO DAL LIBRO “MEZZO SECOLO RINCORRENDO IL MONDO – NEI VIAGGI LA VESPA FU IL PRIMO AMORE… POI VENNE IL RESTO”, di Giorgio Càeran:

Mi posso considerare, come direbbe Goethe, un supplemento di tutti gli altri viaggiatori-narratori che mi hanno preceduto nei loro viaggi, fatti in quegli stessi Paesi che pure io ho avuto la fortuna di visitare. Quando sarà la mia ora, vorrei poter affermare che la vita l’ho vissuta e, allo stesso tempo, lasciare la mia ferma volontà d’essere cremato e che non si faccia il funerale… perché è tedioso. E, giacché non sono un credente, ho lasciato detto di non portarmi in chiesa: non serve. E non mi serve neanche una tomba, non sapendo che farci.

 

 

10)   TRATTO DAL LIBRO “GIRAMONDO LIBERO - IN VIAGGIO CON LA VESPA O CON LO ZAINO”, di Giorgio Càeran:

Si vive in una società altamente tecnologica, dove perfino le evasioni dal meccanismo quotidiano sono monopolizzate dall’alto. Siamo sommersi dalle campagne martellanti a favore della libertà; però quando un cittadino stacca dalle proprie spalle la sigla di “ape operaia”, quando s’identifica nella libertà tanto propagandata… allora è bandito dall’ingranaggio sistemistico, nel quale il denaro differenzia le persone. Ed ecco che le pecore si trasformano in lupi, pronti a sbranare il perturbatore della quiete pubblica.

 

 

11)  TRATTO DAL LIBRO “GIRAMONDO LIBERO - IN VIAGGIO CON LA VESPA O CON LO ZAINO”, di Giorgio Càeran:

Qualcuno può chiedersi perché rinunciare a viaggi organizzati tanto comodi, alle crociere sui transatlantici, ai buoni hotel… già, perché? Perché non viaggiare con un’automobile per sentirsi almeno un po’ più sicuri in simili viaggi? Perché, dunque, per andare in India ho scelto l’identica Vespa con la quale l’anno precedente giunsi a Capo Nord? Forse perché mi piace cavalcare il vento, libero in quel poco di libertà che ancora rimane all’essere umano (soprattutto adesso, nell’era della “globalizzazione”). Ci sono cose che desideriamo tanto, forse ignorandone il motivo profondo.

 

 

12)  TRATTO DAL LIBRO “MEZZO SECOLO RINCORRENDO IL MONDO – NEI VIAGGI LA VESPA FU IL PRIMO AMORE… POI VENNE IL RESTO”, di Giorgio Càeran:

Io sono stato un amante dei viaggi lunghi e disdegnavo i percorsi realizzabili in pochi giorni, perché questi ultimi li consideravo vuoti e incapaci di darmi quel che cercavo. Ci vuole parecchio tempo per captare alcuni stati d’animo e certe sensazioni, ed è quasi impossibile coglierli al volo. Quanto a chi viaggia in tempi brevi mi è difficile pensare a un viaggio di venticinque giorni soltanto, durante il quale più che altro si macinano migliaia di chilometri. In un arco di tempo così breve io mi limiterei a scegliere un itinerario corto, anche se in effetti in venticinque giorni, volendo, si possono attraversare i continenti… sì, ma come? Non credo che in un mese si riesca a scoprire gran che di altre popolazioni. Può sembrare esagerato fare un viaggio di undici o sette mesi, ma non è così: il tempo corre veloce e ci si rende conto che c’è ancora tanto da vedere e da conoscere. Attraversare velocissimamente un continente, alla Speedy Gonzales, non mi attirava per niente e se avevo poco tempo a disposizione evitavo di partire.

 

 

13)  TRATTO DAL LIBRO “MEZZO SECOLO RINCORRENDO IL MONDO – NEI VIAGGI LA VESPA FU IL PRIMO AMORE… POI VENNE IL RESTO”, di Giorgio Càeran:

Programmare un viaggio, perfino nei particolari, non è un’abitudine dei veri viaggiatori, come non è loro abitudine vedere tutto frettolosamente per mancanza di tempo. È questo il punto: per me aspettare ore per ottenere un passaggio sui più scalcinati mezzi locali non è stato perdere tempo, ma al contrario mi ha aiutato ad approfondire le mie conoscenze sulla realtà del luogo… anche se a volte può non essere gradevole. Quando si hanno pochi giorni a disposizione si rischia di fare gli ingordi. In questi casi ci si muove pure all’avventura, però con i portafogli grossi così, senza di cui non ci si sposterebbe di un metro. Ho l’impressione che oggigiorno si viaggi (mi riferisco a tanti ruspanti connazionali) più per dovere e per vanteria, che per avere contatti con i nativi. E per contatti intendo quelli con la gente comune del luogo, e non con gli albergatori, gli agenti di viaggio, eccetera... eccetera...

 

 

 

14)   TRATTO DAL LIBRO “MEZZO SECOLO RINCORRENDO IL MONDO – NEI VIAGGI LA VESPA FU IL PRIMO AMORE… POI VENNE IL RESTO”, di Giorgio Càeran:

Sono venuto al mondo nel 1952, ossia sette anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e la televisione italiana non era neppure nata. In quegli anni c’era parecchia povertà diffusa, ed io sono nato in provincia di Como… figuriamoci chi viveva nel meridione dove lì si stava peggio. In casa non c’era granché e ciò che c’era doveva bastare, senza discussioni. Punto. Adesso si sostiene che ci si accontentava di poco, non come adesso che si è incontentabili. Balle! Ci si accontentava per forza, perché cos’altro c’era? Mica c’era internet, smartphone e tutto il resto che oggi è cosa normalissima… ma allora era inesistente. Alla mia epoca una viva emozione fu lo sbarco sulla Luna e quella serata favoleggiante di luglio la ricordo bene: avevo diciassette anni e qualche sogno in testa ma nulla di più. Voglio dire: non dipingiamo la mia generazione come chi sapeva accontentarsi di poco, non aveva vizi, eccetera. Se ci fossero state tutte le tentazioni odierne, anche noi ci saremmo comportati così. Se non proprio tutti, ma una buona fetta di noi sì.

Se mi si chiedesse quale sia stata la delusione più grossa di gioventù, risponderei che in parte fu la figura di Mao Tse Tung, anche se ciò lo dedussi anni dopo. Mentre, al riguardo dell’illusione più sentita (e poi svanita), sempre di quel periodo… beh non posso che pensare all’uccisione di Ernesto “Che” Guevara De la Serna: ne fui molto afflitto.

Ho un ricordo di quando avevo quattro anni: ero a Bergamo, dalla bàlia, e dovevo portare una busta d’insalata verso la casa vicina. Solo che anziché andare a sinistra, svoltai a destra e così mi persi. Vagavo per il centro della città, con il sacchetto d’insalata che un po’ si perdeva lungo il cammino... ma ero tranquillo. Poi mi raggiunsero due poliziotti con le proprie moto, ma io non volli salirci sopra e quindi dovette arrivare una macchina della polizia per portarmi finalmente dalla bàlia. Rompevo già le scatole a quattro anni, a quanto pare.

 

 

15)  TRATTO DAL LIBRO “LA VIA DELLE INDIE IN VESPA”, di Giorgio Càeran:

Purtroppo il 31 maggio 1982 è morto a Lecco, all’età di 52 anni, Carlo Mauri. Egli, coraggioso vincitore famoso in tutto il mondo, è stato sconfitto dall’unica cosa invincibile per tutti: la morte. Ho sempre nutrito una particolare stima per lui, l’ho sempre considerato un modello di vita da seguire fino al punto che, con un certo orgoglio, gli ho chiesto di stilarmi la prefazione di questo mio diario di viaggio. Non posso che rammentare con un piacere intimo il giudizio favorevole espresso da Mauri sul mio modesto dattiloscritto. Egli ha rivisto nelle mie righe la stessa ingenuità, le stesse sensazioni, la stessa voglia di conoscere che accompagnarono lui in diverse sue avventure. Mauri ha rivissuto nei miei scritti l’emozionante itinerario a cavallo sulle tracce di Marco Polo percorso nel 1973 con il figlio Luca, toccando in buona parte le identiche località da me viste. È stato sempre piacevole discutere con Carlo Mauri delle nostre avventure asiatiche che, seppure in modo diverso, entrambi abbiamo affrontato e superato positivamente: lui in maniera più organizzata, io affidandomi più all’improvvisazione. Non posso che concludere con una sua frase colma di significato: Solo finché si vive si può godere del rischio, anche di morire.

6 commenti:

  1. Giorgio, i tuoi viaggi sono ancora una prova per la tesi: chi una volta fa un grande viaggio, ne farà con sicurezza un altro.

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  2. Giorgio Càeran, hai notato un sempre maggiore interesse per il panorama vespistico? E hai notato quanti raduni con quello scooter si fanno un po’ in tutta Italia e anche oltre? C’è un entusiasmo alle stelle, per lo più esagerato… che prima non c’era.
    Non vorrei andare contro corrente, ma a me tutta questa enfasi per i raduni vespistici mi suona male. Secondo me il “mondo Vespa” sta diventando qualcosa di assurdo e incontrollabile. Oggi ci si sente quasi tutti vespisti (e fino a qui nessun problema); moltissimi collezionano mezzi e oggetti di qualsiasi forma, purché sia Vespa. Il mercato è completamente stravolto da esibizionisti (oserei dire fanatici) che comprano di tutto. E così noi vespisti genuini (non per moda, ma per scelta) assistiamo inerti allo scempio. Magari qualcuno, mosso da sana passione, ci sarà pure tra loro… ma la maggioranza è veramente agghiacciante come si comporta, facendo solo numero. Nei raduni vespistici ho visto gente che non sa neppure smontare una ruota… figuriamoci il resto: che ci vanno a fare costoro ai raduni? Solo per essere parte (passiva) di greggi interminabili, rassicurati dallo stare assieme a tanti altri accomunati da una cosa in comune: la Vespa. Tutto qui. In questo caso la Vespa potrebbe essere sostituita tranquillamente da qualsiasi altra scelta che vada di moda al momento, l’importante è né pensare né agire da soli. Spesso in questi raduni troneggiano ondate xenofobe di cattivo gusto e purtroppo questo succede nella maggior parte degli incontri: ne sono testimone.
    Ciò che dico, e non vorrei essere frainteso, è una mia sensazione in merito alla gente che gira intorno al fenomeno “Vespa-Piaggio”. Ricordo che nel 1989 quando, 15enne, io comprai la mia prima Vespa ero uno dei pochissimi a farlo tra i miei amici e conoscenti. Gli sfottò diretti a me erano uno dietro l’altro: “Che te ne fai di una Vespa, dove vuoi andare con questo catorcio?”. In quel periodo la Vespa non la voleva nessuno… e oggi, invece, è ricercatissima: potere della moda. Da quel che ne so, caro Giorgio, la tua 200 Rally (che hai comprato nel 1973, come hai scritto su questo blog), insomma la tua Gigia con cui eri andato a Capo Nord e in India… oggi (nel 2017) sul mercato vale ben 7/8.000 euro, ovviamente se tenuta bene e con il libretto in regola. Peccato per te che non ce l’hai più. La cosa più sensazionale è che tu, Càeran, sei considerato (meritatamente) un mito del mondo vespistico, nonostante che non hai più nessuna Vespa. Perché, vedi, il vespista vero non è tanto chi partecipa ai più svariati raduni, bensì è chi, da solo, va nelle zone più remote del mondo contando solo su se stesso: come hai fatto tu. D’altronde, se vogliamo stare nel mondo delle etichette, tu sei un Grande Viaggiatore, anche vespista,… senza però invertire i termini.

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  3. Mi ricollego a ciò che ha scritto Carlo Zerbi. Giorgio, tu, in quanto grande viaggiatore e soprattutto grande vespista, sei un punto di riferimento. Ma, sinceramente, hai letto i commenti della maggioranza di loro sui social network? Tranne casi eccezionali la gran maggioranza è impregnata di discorsi razzisti, con forti simpatie mussoliniane. Mi sembra che siano sull’andazzo degli ultras da stadio. Forse è un po’ esagerato come paragone, ma rende un po’ l’idea. Poi anch’io sono un amante della Vespa, ma non mi piace quando in nome suo si creino le premesse per certi assembramenti. Tra loro, per fortuna, c’è anche chi non è così e, anzi, è solidale e altruista verso chi è in difficoltà: ma quanti saranno? Fino a qualche anno fa questa era una realtà che non conoscevo o che “facevo finta” d’ignorare mentendo a me stesso. Non volevo accettare “questa” realtà. Così ho cominciato a ricordare una serie di episodi e tutto torna... anche nelle percentuali che si aggirano sul 70-80%. Sai che ti dico? Tutto questo mi mette addosso una grande tristezza. Povera Vespa, in che mani stai! Il problema di fondo, che si tratti dei Vespa Club o dei social network è che la maggior parte degli Italiani sono cripto o apertamente fascistoni. È triste, ma per onestà intellettuale va riconosciuto che è intrinseco ai cromosomi di una parte rilevante (oserei dire sempre più rilevante) degli itaglioti.
    Io sono in uno stato di sconforto e confusione tristissimo, perché lo scopro a volte anche a proposito di persone che a tutta prima non avrei immaginato. Penso che i gruppi fascisti cerchino aggregazioni di qualsiasi tipo, l’importante è che siano su vasta scala. Possono essere Vespa Club, tifoserie organizzate di calcio, locali canori, raduni, ecc… Tutto fa brodo, perché i neofascisti amano molto stare in gregge e detestano invece star da soli: perché forse così sono obbligati a pensare, senza seguire i soliti slogan? È difficile infatti vedere vespisti fascisti che, solitari, affrontino dei lunghi viaggi in Vespa: semmai li fanno in gruppo ma mai da soli, non sono mica leoni...
    In fin dei conti il fascismo è una scorciatoia, un’illusione collettiva capace di credere che con ordine e disciplina – e con un uomo forte al comando – si viva meglio… eppure basterebbe studiare cosa accadde novant’anni fa per allarmarsi delle tragedie portate dietro. Ci avete fatto caso delle opinioni di neofascisti-leghisti-grillini (tutti sulla stessa lunghezza d’onda) riguardo agli immigrati, confrontandoli con gli italiani quando emigravano loro?
    Sono assai perplesso sul fenomeno fascista, così diffuso tra i Vespa Club. Eppure so anche, per conoscenza personale, che tra gli iscritti c’è anche gente in gamba. Il problema semmai è, come ho detto, sulle percentuali: purtroppo i fascisti sono in gran maggioranza... ma non è una questione legata solo ai Vespa Club, ma anche per altre cose italiane a cominciare dalle tifoserie calcistiche. Io mi auguro che la passione per la Vespa e per i viaggi prevalga sempre e comunque su qualsiasi altra cosa… fascisti compresi. Io con i fascisti non voglio avere a che fare, a meno che non esternano la loro stupidità.
    La Vespa è bella quando unisce: anziani e giovani, uomini e donne, smanettoni e lumaconi. Accorciando le distanze per sentirci tutti fratelli.

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  4. David, mettiamola così: chi sui social network manifesta una forte simpatia per il fascismo, di norma li evito. Con chi ostenta orgogliosamente il proprio fascismo e razzismo io non voglio avere niente a che fare, ma fintanto che, pur essendo entrambe le cose (del resto inevitabile, perché l’una è la naturale conseguenza dell’altra), questo loro modo di essere se lo tengono per sé… lascio stare. Anche perché non si può conoscere tutti, almeno fino a quando non ci si espone, ma non posso far finta di niente di fronte all’evidenza.
    A ogni buon conto t’invito alla prudenza e non mi va di associare questo fenomeno agli ambienti dei Vespa Club, perché non penso che possa competere con quello degli Ultras da stadio. Sì, è vero, qualche volta ho letto anch’io dei commenti tipicamente xenofobi da parte di qualche iscritto ai vari Vespa Club, ma da qui a sostenere che si tratti addirittura del 70-80% di tutti i tesserati… mi sembra esagerato. Tu dici di no? Mi auspico che non sia così.
    Al di là di tutto, io ho sempre evitato di far parte di qualsiasi Vespa Club perché non m’interessano le collegiate e il muoversi in branco: io sono uno spirito libero e non mi piace stare agli ordini di scuderia. Eppure non ne posso parlar male di loro, giacché sono un Socio Onorario del “Vespa Club Leoni Rossi” di Grottaminarda (Avellino)… e ne sono assai orgoglioso, anche perché il suo Presidente (Enrico La Manna) è davvero una persona speciale, instancabile e pieno d’iniziative.

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  5. Giorgio, dimmi la verità: riesci ad amare il popolo, nonostante che il più delle volte faccia scelte sbagliate e controproducenti? Quello stesso popolo che bacia la mano che la colpisce e caccia quella che vorrebbe carezzare? Detto in parole povere, non ti fa rabbia questo masochismo popolare che porta a vivere sempre peggio?
    Margherita Cattaneo

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  6. Il popolo… eh, già; Margherita parli di quel popolo masochista che spesso fa scelte sbagliate, puntando su chi puntualmente lo fregherà? Mi è difficile amare chi ragiona con la pancia, chi si fa abbindolare dall’ultimo cialtrone urlante, chi fa il finimondo sulle cose banali e l’indifferente sulle questioni di spessore, chi ha una memoria cortissima, chi va a gambe all’aria proprio per le sue scelte sciagurate incolpando però sempre gli altri, chi non accetta lezioni di logica e di buon senso, chi si ritiene più furbo di chiunque, chi è attanagliato dal fanatismo collettivo che offusca le menti. No, non riesco ad amare un popolo così e ne ho di esempi quotidiani nel mio condomìnio sul male che la gente popolana fa a se stessa e a chi è vicino. Mi rendo conto che anche sulla pur semplice gestione condominiale, il popolino è cieco e non vede trappole sul suo cammino. Anzi, si scaglia con ferocia contro chi lo avverte del pericolo… comportandosi come un branco allo sbando. No, non solo non lo amo più, ma se devo dirla tutta… mi ha proprio stufato questo popolino arrogante, che fa vivere peggio anche me. Eppure per mezzo secolo mi sono schierato dalla sua parte, ma adesso tutto ciò mi sta nauseando. Azzeccatissimo è l’antico proverbio “Chi è causa del suo mal pianga sé stesso”. E – aggiungo – non dia la colpa ad altri… come invece fa.
    In conclusione diffido della sovranità popolare, soprattutto di quella nostrana (solo perché la conosco maggiormente, è ovvio). Non a caso l’Italia è – purtroppo – quarta al mondo nella classifica delle nazioni con più analfabeti funzionali, un problema che incide pure nell’ambiente lavorativo. Tutto ciò nonostante che l’Italia abbia un tasso di alfabetizzazione che sfiora il 100%, eppure la sua percentuale di analfabeti funzionali è la più alta dell’Unione Europea e rappresenta un terzo della sua popolazione… e c’è chi dice che sia ancora di più.

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