I viaggi
importanti, preferisco farli da solo
Spesso mi sono chiesti
pareri sul perché prediligo (o meglio: prediligevo – indicativo imperfetto –, giacché parlo al passato) i
viaggi solitari. L’ho già ripetuto in più occasioni, ma a quanto pare non è
sufficiente, forse anche perché è ben difficile che la gente – giustamente –
stia tanto tempo a leggere la marea di commenti che invadono il lettore. Detto
ciò, affermo per l’ennesima volta un mio vecchio concetto sul perché ho fatto
in solitudine diversi viaggi.
Io, tanto per evitare
malintesi, non desidero essere trascinato, ma semmai trascinare. E poi mi piace
vivere da solo le esperienze in terre nuove, sia quelle positive sia quelle
negative; desidero essere padrone di me stesso: è un bisogno inspiegabile, un
piacere che non si vuole dividere con chiunque altro, un bisogno assoluto di non
essere condizionato. In definitiva, ottimi compagni lungo la strada
s’incontrano. In quei momenti sì che è bello dividere delusioni, gioie,
sensazioni… poi ciascuno prosegue per la sua meta. L’incontro fra viaggiatori
solitari dà un robusto stimolo psicofisico, viceversa un compagno fisso di
viaggio è sempre un’incognita che può diventare parecchio spiacevole. Inoltre,
l’essere solo in certe circostanze tempra il carattere: si è costretti a
provvedere in tutto e per tutto alle proprie esigenze e perfino a vincere la
paura. E poi c’è un’altra cosa: la gran voglia di muovermi in maniera
indipendente, evitando probabili contrasti sulle decisioni da intraprendere. Io
non volevo né essere un generale, né tantomeno un SignorSì. A volte, per ogni piccola scelta, si rischia di
litigare o quantomeno di perdersi in discussioni sterili: infatti, due persone,
anche se isolate da tutti, spesso sono in contrasto tra loro, perché ci sono
due idee, due esperienze, due decisioni diverse che scatenano malumori. C’è chi
vuole oziare e chi invece preferisce andare altrove, in questi casi che si fa?
No, meglio evitare tutto quanto e decidere per conto mio, giusto o sbagliato
che sia.
Il mio è stato un
viaggiare con il gusto della curiosità e della scoperta, ricco di contatti
spontanei e non accademici, con la possibilità di fare un confronto fra il
proprio modo di vivere, che spesso siamo portati a ritenere l’unico possibile,
e quello degli altri. È una lotta ai pregiudizi, è un mettere in discussione se
stessi e la propria cultura (compresa quella religiosa), è una forma di
disponibilità e d’apertura verso altre culture. È un accorgersi che viaggiare
da soli può essere notevolmente più bello che stare assieme a compagni che mal
si addicono, a volte, con il proprio bisogno assoluto di libertà.
Insomma, è il modo di
muoversi che ha sempre adottato anche il mio caro amico Sergio Stocchi (un colto spirito libero, per nulla succube di un
“padrone sponsor”), del quale condivido in pieno il suo pensiero ammirandone
anche le scelte di vita.
Sia chiaro che sto
bene quando sono in buona compagnia, ma è bello anche stare da solo, di tanto
in tanto, in particolare quando si tratta di mettere in gioco se stesso, le
proprie capacità, il proprio modo di essere. Stando solo, separato dai gruppi,
si ha tempo di riflettere in maniera razionale senza farsi ingabbiare
dall’emotività. Sono convinto che chi non riesca mai a stare bene con la
propria solitudine, chi non riesce ad accettarla e deve essere sempre
attorniato da persone perché ha paura di stare (e pensare) da solo... beh,
mandi in fumo una buona fetta del proprio equilibrio interiore. C’è chi sente
l’esigenza di blaterare, purché si fugga dal silenzio (della serie: Parla, parla ma non dice nulla).
Penso, invece, che un po’ di silenzio non guasti alle povere orecchie di chi magari sia
costretto a subire la petulanza altrui. A chi è abituato, bene o male, a
cavarsela da solo, soprattutto nelle cose che contano, ha nel silenzio un aiuto
a pensare.
È anche vero che la
solitudine, la mancanza di veri amici con i quali dividere felicità e angosce,
la mancanza del calore della propria donna, spingono a volte l’uomo sull’orlo
della disperazione. Si è tentati di chiudersi in sé stessi e di vedere tutto
nero. È necessario, invece, reagire alla mancanza di calore umano; è bene
immaginare l’avventura che si sta vivendo come una parentesi straordinaria e
incancellabile, ritrovando così la vitalità persa. Del resto la tristezza umana
non deriva dall’essere soli sapendo di esserlo, semmai la melanconia nasce
dall’essere soli credendo di non esserlo. Ed io, per esempio, quando avevo
qualche anno in meno e me ne andavo in giro sulle vie del mondo “sapevo” di essere
solo, quindi è probabile che ero più sereno di chi, pur essendo in compagnia,
alla fine si sentiva più solo di me. In quelle occasioni mi domandavo che chi
non sa accettare la propria solitudine, usa gli altri semplicemente come uno
schermo nei confronti dell’isolamento. Soltanto se si sa vivere soli come un
rapace che vola alto ci si può abbandonare a un’altra persona. Un buon rapporto
(di qualsiasi legame) può esistere felice – e solamente – quando non è una
stampella di una delle due persone: ognuno deve essere in grado di reggersi per
conto suo, altrimenti non funziona. L’unione di due persone non è un mutuo
soccorso. Certo, mi si dirà, che però è bello avere qualcuno con cui ridere e
scherzare, fare progetti, visitare assieme certe località: è verissimo tutto
ciò, ma non dimentico che non sempre funziona così soprattutto nei viaggi tosti e lunghi. Anzi, spesso, in quei tipi di viaggi c’è il
rovescio della medaglia. Più facile da gestire la compagnia si ha, invece, quando il viaggio più che altro è una vacanza e non impegna più di tanto: in questo caso avere una persona accanto può diventare piacevole.
Come esempio sui viaggi impegnativi fatti assieme ad altri, calza
giusto un aneddoto. Un mio giovane estimatore, proprio mentre stava facendo un
viaggio molto interessante in Asia assieme a un suo amico, mi scrisse in tono
scoraggiante che ci sono momenti in cui si chiede se avesse fatto bene a
partire. Se avrà le forze per incontrare ogni giorno delle persone nuove, raccontare
di sé e conoscere loro. Non sa se ha un cuore tanto grande per accogliere tante
persone. Ma, soprattutto, ritiene difficile viaggiare in due e andare allo
stesso ritmo di un’altra persona. Io gli risposi che è normale porsi queste
domande, capita a tutti: Tu, però, non
assecondarle e vedrai che, nonostante che al momento sia difficile da
accettare, in seguito ne sarai più che soddisfatto. Sì, ammetto che la tua
difficoltà maggiore sia la... non solitudine. Una persona accanto a volte non è
facile da gestire: ecco il perché delle mie escursioni solitarie. Però, va
anche detto, ormai sei in gioco e tanto vale andare fino in fondo. Impostala
così: una lezione di vita per le tue prossime escursioni fuori dall’Europa.
La sua risposta non si
era fatta attendere, con queste parole: Sì,
lo so. Tutto sembrerà più bello quando lo ricorderò. Grazie per il supporto.
Anni fa ho fatto il cammino di Santiago in solitaria ed è stata la più bella
esperienza della mia vita. Infatti, da allora ho sempre viaggiato solo. Questa
volta, data la difficoltà del viaggio, ho pensato che in due sarebbe stato più
interessante. Ma adesso capisco come la presenza di una persona che conosci
t’impedisca di calarti nella dimensione di viaggio e ti fa sentire più in
vacanza... Devo capire quanto riusciremo a sostenere questa cosa a lungo.
Io, ovviamente,
cercavo di scuoterlo e di trasmettergli un entusiasmo maggiore e mi auguro che
abbia funzionato... perché poi non mi ha scritto più e il suo viaggio è
terminato nel migliore dei modi. Tra l’altro di lui non so più niente, perché
da quando è tornato non m’invia più alcun messaggio... forse perché non ce n’è
più bisogno. Qual è il senso di questo aneddoto? Cercatelo voi.
Caro Giò, più vedo e leggo le tue cose e più sono convinta che tu sia un Grande personaggio: chi (e non sono pochi) ti definisce un mito di certo non ha esagerato. Tutt’altro.
RispondiEliminaCaro Giorgio Càeran, sei un anticonformista nel senso più positivo del termine. Tra le persone che conosco, sia reali che virtuali, ti assicuro che non c'è nessuno anticonformista come te. Mantieniti così e... non rovinarti con la vecchiaia.
RispondiEliminaGiorgio, al di là dei tuoi incredibili viaggi, c’è una cosa che ritengo assai importante: cioè la perdita dei tuoi posti di lavoro, rischiando sempre di persona. Tra le tue Note del Profilo di Facebook, in quella intitolata “C’È CHI MOLLA TUTTO E GIRA IL MONDO (LE MIE RIFLESSIONI…)”, hai scritto:
RispondiElimina“Ho sempre amato i viaggi, sin da quando ero giovane, al punto di licenziarmi quando il datore di lavoro non mi concedeva dei mesi di permesso non retribuito. Io, però, volevo andare in India con la Vespa (e starmene via senza date da rispettare, al punto che in quel viaggio stetti lontano dall’Italia undici mesi), attraversare il Sahara, navigare il Rio Ucayali, andare nella Terra del Fuoco e nelle Ande, conoscere l’Africa nera fino al Madagascar, ecc… e perciò che dovevo fare? Mi licenziavo e tentavo la sorte. Ciò l’ho fatto in alcune occasioni, poi è ovvio che creando una famiglia non potevo più interpretare ancora quella vita sognatrice che amavo. Sono arrivato a dei compromessi ma certi richiami, seppure assopiti, ci sono sempre.”
Lì hai anche scritto che le domande più frequenti a te rivolte erano: “Se ti licenzi e vai a zonzo per il mondo, quando tornerai cosa farai? Troverai ancora un posto di lavoro?” Mi è piaciuta la tua risposta a questa domanda classica, ed è soprattutto per questo che ti considero un Grande. Non solo per ciò che hai fatto, ma per COME l’hai fatto. Non è da tutti, e non lo è anche di chi ha fatto dei viaggi importanti… ma fatti in un altro modo, più moderno e attrezzato. C’è un detto che dice che “se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai in compagnia”… e tu l’hai smentito a più riprese, andando lontano, molto lontano, ma da solo.
Caro Giorgio, ti ringrazio per la tua disponibilità. Ti ringrazio per aver accettato la mia proposta di un’intervista anomala. Da giornalista (modesta), ti posso assicurare che non mi è mai capitata un’intervista simile. Spalmarla in tre lunghe serate (tra il 19 e il 21 di questo mese), davanti ai propri computer, non è normale. Sedici ore complessive sono davvero tante, però, dai… il risultato finale è bellissimo. Divertente è stato il mio approccio, confessandoti subito che fino a tre mesi fa non sapevo neanche chi eri… nel modo più assoluto. Poi, per caso, un giorno mi sono trovata su questo stesso Blog, che mi ha colpita: è qui che è nato tutto. Ho cominciato a leggere qua e là e man mano che scoprivo qualcosa sul tuo conto, aumentava la curiosità di conoscere altre cose. Il Blog l’ho divorato: mi è piaciuto, compresa l’intervista di 13 minuti e mezzo fatta un anno fa nell’Emporio dello Scooter. Dopodiché ti ho cercato su Facebook e lì ho voluto scoprire anche le tue Pagine, soprattutto “Sulle vie del mondo”: interessantissimi sono gli album che fanno da collante alla Pagina. Lì ho letto un sacco di cose, trovando lo spunto per l’intervista a 360 gradi. Ciò che conta è che ce l’abbiamo fatta. Ho apprezzato che l’intervista l’hai poi resa visibile sia su una Nota del tuo profilo Facebook (che io ho copiato per filo e per segno mettendola anche sul mio diario) sia su un nuovo Blog che hai aperto proprio per l’occasione.
RispondiEliminaOltretutto, in contemporanea della nostra intervista, c’è stato chi ti ha nominato in una Tesi di laurea. Infatti, Monica Bottin proprio in questi giorni di marzo nell’Università Ca’ Foscari Venezia si è laureata con 105 in Economia e turismo, presentando una Tesi intitolata “Un mito intramontabile: la Vespa e il suo utilizzo per il turismo”. Leggo che nel 4° capitolo (Viaggiare a due ruote), che inizia a pagina 57, dà spazio a quattro vespisti-viaggiatori: Giorgio Bettinelli, Roberto Patrignani, tu e l’inglese Ben Birdsall. Non è da tutti essere citati in una Tesi universitaria.
AUGURI. Giò, prima di tutto ti faccio i miei complimenti per questo Blog che ha ampiamente superato un milione di visualizzazioni: un bel colpo! E complimenti per l’intervista che ti ha fatto la giornalista Anna Rita Cairoli nel marzo scorso: è lunghissima e interessantissima, affrontando tanti argomenti di grossa importanza.
RispondiEliminaLeggo che non sei più un vespista e, in effetti, in questi ultimi quarant’anni sei stato di più un Viaggiatore (di primo grado, beninteso), un giramondo avventuroso, un autostoppista, un camminatore. Però, so pure che nell’ambiente vespistico, anche giovanile, sei considerato un mito… perciò nel cuore di tutti sei – e rimani sempre – un Grandissimo Vespista. Indipendentemente dalle valutazioni della Piaggio: non sono quelle le cose che contano. Alla fine conta solo ciò che si è fatto, non ciò che si dice... e tu ne hai fatte davvero tante di cose. Sei stato un pioniere, dopo Patrignani ovviamente... ma dietro a nessun altro. Il famoso Giorgio Bettinelli (di cui quest’anno corre il 10° anniversario della sua morte) ha iniziato a viaggiare 14 anni dopo la conclusione del tuo viaggio in India, perciò è venuto dopo… anche se poi è andato molto più lontano di tutti. Ma i veri pionieri siete Roberto Patrignani e tu… e basta. Dove ho preso tutte queste informazioni? Dal Blog “ROBERTO PATRIGNANI, GIORGIO BETTINELLI, GIORGIO CÀERAN” ( http://3iconevespistiche.blogspot.com/ ).
In un sondaggio vespistico di Enrico La Manna (al quale anch’io, unica donna, ho aderito), Carlo Zerbi ha scritto:
“Ho letto tutte le risposte precedenti di questo sondaggio e mi ha colpito Giuseppe Pizzo quando dice ‘…credo che un viaggio sia sempre da contestualizzare al periodo storico in cui si è svolto. Càeran non aveva internet, telefoni cellulari o satellitari, non conosceva la situazione politica prima dell’ingresso in un paese se non arrivato al confine, si viaggiava con attrezzature di fortuna o comunque non troppo tecniche come quelle recenti.’ Ecco, Pizzo in poche parole ha inquadrato l’enorme differenza tra il viaggiare quarant’anni fa e in questi ultimi due decenni. La differenza c’è, eccome!”
Non occorre aggiungere altro, a buon intenditore poche parole… perciò BUON 66° COMPLEANNO (seppure, guardando le foto, ne dimostri una dozzina in meno), carissimo Giorgio.
Il 18 maggio 1872, esattamente 80 anni prima della tua nascita, BERTRAND ARTHUR WILLIAM RUSSELL scrisse questa bellissima frase che ti sta a pennello:
“Se ci fosse nel mondo un numero più cospicuo di persone che desiderano la propria felicità più di quanto desiderino l’infelicità altrui, potremmo avere il paradiso nel giro di qualche anno.”
Un’ultima cosa: lo sai che oggi Giovanni Falcone avrebbe compiuto 79 anni, essendo nato anche lui il 18 maggio?
Giorgio, ho visto che è stata pubblicata, sul blog “Sette domande sul perché si viaggia in Vespa” (http://sondaggiovespairpinia.blogspot.com/), la mia intervista, che è la 38° della serie. Tra le risposte ho parlato anche di te, perciò t’invito a leggerle per intero tutte e sette, compresa l’introduzione: guarda che ne ho parlato bene, perché ti ammiro. Avevo spedito tutto ciò giovedì 14 febbraio (proprio nel giorno di San Valentino… cosa assolutamente casuale, è ovvio), direttamente all’indirizzo mail scritto sul blog. E a quanto pare funziona, e mi entusiasma la rapidità e l’efficienza di chi gestisce il blog. Penso che sia opera di Enrico La Manna, almeno così mi è parso di averlo letto: è un tipo in gamba.
RispondiEliminaUgo Terzoli
Ugo, ti ringrazio. Ho letto le tue risposte, per nulla scontate e ben ponderate. Tuttavia permettimi un’osservazione: se è vero che andare a Capo Nord, soprattutto oggi, sia una cosa alla portata di tutti… beh pensa anche a quei rarissimi personaggi che fanno questo viaggio nel periodo invernale. In quelle situazioni il tragitto diventa assai impegnativo.
RispondiEliminaGiorgio, di viaggi ne hai fatti parecchi, nei modi più impensabili, e in pratica sei passato dalla Vespa allo zaino (in entrambi i casi con il sacco a pelo appresso), alle scarpe da trekking, per poi trovarti con lo trainare un trolley e con lo scrivere anche recensioni sugli alloggi in cui pernotti. Ecco, chi meglio di te può scrivere un libro che raggruppi tutto questo tuo modo variegato di viaggiare, iniziato, se ho letto bene i tuoi scritti – e i tuoi libri –, nel 1972 su un vecchio vespino 50 alla volta di Passo Sella (e avevi giusto vent’anni)? Tra l’altro io sono nato proprio nel 1972 e sarà per questa coincidenza che mi si è accesa la lampadina. Comunque pensaci e, adesso che sei in Abruzzo per tutta l’estate e anche un po’ oltre, mettiti davanti al PC e inizia a scrivere qualcosa. Poi, stanne certo, le idee vengono man mano… e a te non mancano mai. Se invece preferisci startene beato sulla spiaggia vicina allora fa finta che tutto questo tu non l’abbia mai letto. Cominciano a girarti le tue rotelline nella scatola cranica? No? Eppure le sento.
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