“Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto”

“Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto”
“Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto”; Giorgio Càeran – ‘Youcanprint’ (2ª edizione) – 2023 – 568 pagine – formato cm 17 x 24. &&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&& &&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&

sabato 9 aprile 2011

* Su “VESPA WEB” (www.vespaweb.com), è stata pubblicata questa recensione. Ringrazio.


GIRAMONDO LIBERO – IN VIAGGIO CON LA VESPA O CON LO ZAINO
Giorgio Càeran
Giorgio Nada Editore
2006 – 384 pagine

È una raccolta di racconti di viaggi compiuti in diverse zone del mondo nell’arco di venticinque anni. Ha trentanove capitoli ed è diviso in due parti. Nella prima parte riprende il diario cronologico della sua precedente esperienza editoriale ma rivista e corretta, eliminando il superfluo e rendendolo più scorrevole: è rimasto il concetto di diario, fedele a quello che già pubblicò ventitré anni prima, proprio per mantenere viva la sua spontaneità di narrazione. Tratta di un viaggio mototuristico di 23.084 chilometri durato 334 giorni verso Turchia, Iran, Afghanistan, Pakistan, India e Nepal in sella a una vecchia e acciaccata “Vespa 200 Rally” (già usata l’anno precedente per Capo Nord; partendo in entrambe le occasioni da Cermenate, in provincia di Como, dove l’autore allora viveva; mentre adesso – dal 1980 – vive a Milano).
La seconda parte del volume tratta di capitoli vari, estratti qua e là da esperienze più complesse, che sono durate più a lungo di quelle menzionate: il “sommario” funge, in questo caso, da buona guida, sia per capire in quale situazione di viaggio è collocato il racconto e sia in che periodo preciso è stato fatto. Narra di autostop fatti nel bel mezzo del Sahara, l’attraversamento dello stesso deserto su un piccolo camion con ben cinquanta Tuareg a bordo, i diversi giorni di navigazione sul Rio Ucayali (assieme al Rio Marañón costituisce l’origine del Rio delle Amazzoni) su una rudimentale imbarcazione mangiando cibi cotti con l’acqua del fiume, l’autostop nella Patagonia, l’attraversata in autostop dell’intera isola fredda e ventosissima della Terra del Fuoco fino a Ushuaia, con relativi passaggi fortuiti sulla strada del ritorno, le esperienze nel profondo Cile, i terribili percorsi andini boliviani e peruviani, la visita alla miniera di Potosì, le strane vicissitudini nelle Filippine, il fascino di Petra, le camminate lungo l’Ostriconi… Giorgio ha fatto viaggi faticosissimi nell’Africa nera, sia su deteriorati tassì-brousse (tassì collettivi) sia su sovraffollati treni; in Madagascar ha rischiato di annegare per cause assurde e incredibili. Oltre a questi racconti, nel libro sono perfino incluse informazioni e consigli pratici da ritenersi preziosi per un giovane che voglia avventurarsi ovunque nel pianeta, senza appoggiarsi a una struttura organizzativa, senza neppure l’ausilio di un generoso sponsor.
Sono viaggi spartani e all’avventura, ma di un’avventura semplice e più a misura d’uomo, dove non è necessario trasformarsi nei Rambo della situazione. Càeran ha viaggiato con i mezzi più impensabili, ha ricevuto calorose ospitalità e aiuti dai nativi, ha familiarizzato con una moltitudine di persone... alcune delle quali sono poi venute a trovarlo in Italia.
Le sue note di viaggio sono un invito a scuotersi dal torpore della solita routine, per armarsi del proprio passaporto e partire per luoghi lontani e tanto diversi dai nostri. Parla di una maniera di viaggiare con zaino e sacco a pelo e pochi soldi appresso, senza preoccuparsi troppo delle difficoltà di una lingua sconosciuta, dormendo dove capita... spesse volte ai bordi di strade malridotte e impraticabili. Don Lorenzo Milani sosteneva che è meglio parlare tante lingue male che una sola bene, e aveva ragione perché così facendo si ha più possibilità di dialogare con i nativi, incontrati nei luoghi più sperduti della Terra, laddove c’è un alto tasso di analfabetismo e una deprimente inferiorità economica; in posti dove la conoscenza di una lingua internazionale di certo è un lusso che non ci si può permettere.
È un viaggiare con il gusto della curiosità e della scoperta (dove l’importante non è cercare paesaggi mai visti bensì vedere le stesse cose però sotto uno sguardo nuovo), ricco di contatti spontanei e non accademici; interessandosi anche della miseria e della rassegnata disperazione così tangibile nelle nazioni del Sud del Mondo. Ne è la possibilità di fare un confronto fra il proprio modo di vivere, che spesso si è portati a ritenere l’unico possibile, e quello degli altri. È una lotta ai pregiudizi e alla mancanza di solidarietà, è un mettere in discussione se stessi e la propria cultura (compresa quella religiosa), è una forma di disponibilità e di apertura mentale verso altre culture. È un accorgersi che viaggiare da soli può essere assai più bello che stare assieme a compagni fissi che mal si addicono, a volte, con il proprio bisogno assoluto di libertà. È, infine, un constatare che è possibile (e non soltanto un sogno) fare viaggi della durata di sette o undici mesi, anche senza aver vinto la lotteria.
In conclusione, Giorgio Càeran dedica queste note di viaggio a chi ama l’avventura e guarda a un modo diverso di vivere, sapendo di avere del cielo azzurro sul proprio passaporto.
Il libro, impaginato dallo stesso autore e pubblicato da “Giorgio Nada Editore”, è reperibile presso la “Libreria dell’Automobile” in Corso Venezia 45, a Milano. Si sappia, infine, che l’autore lo vende a metà prezzo: basta contattarlo al suo indirizzo e-mail.

10 commenti:

  1. Giorgio, ti rivolgo la stessa domanda sia su Facebook e sia sul tuo Blog. Ti chiedo: “Hai viaggiato parecchio e hai scritto un paio di libri, come mai?” Voglio dire: ti ritieni soddisfatto dall’aver pubblicato le tue esperienze, tra l’altro particolarmente vive e perciò interessanti, oppure è stata un’esigenza secondaria? Inoltre, detto in sintesi, che cosa ti ha trasmesso l’India? Che tipo di viaggiatore ti definiresti? Oggi hai un’altra idea sul modo di viaggiare? Sei ancora ubriaco di avventure o, all’opposto, adesso ti sei adagiato?

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  2. Perché scrivere uno o più libri di viaggi? Per me è una conseguenza abbastanza normale, come riferimento alle mie esperienze di vita. A questo proposito mi viene incontro una frase del compianto Tiziano Terzani, che potrei fare mia: “Non avessi viaggiato non avrei mai avuto niente da dire, da raccontare; niente su cui riflettere”. Ho un solo rammarico: l’essere andato in India in età troppo giovanile e perciò incapace di cogliere certe sensazioni. Di certo se dovessi andare adesso a Benares e ad Agra le vedrei con occhi diversi, perché il viaggio di scoperta non è cercare paesaggi mai visti bensì vedere le stesse cose però sotto uno sguardo nuovo (citazione famosa). Vorrà dire che la prossima volta lì ci tornerò, per vedere quello che non ho visto. In quelle terre, oltre a riscoprire belle emozioni, non vorrei però dover affrontare anche un terribile maremoto, simile a quello del 26 dicembre 2004, per poi domandarmi, addolorato: “Chi è questo Essere Supremo, che permette tutto questo?” Tale divinità che distrugge senza preavviso i popoli, ma risparmia i potenti guerrafondai, se dovesse esistere per davvero sarebbe psicopatica o quantomeno troppo distratta e assonnata... e tuttavia mai sazia di sacrifici umani. E pretende pure d’essere adorata, perfino dai miscredenti come me! Poveri noi; quanto siamo fragili “noi” esseri umani, sempre in balìa di eventi ingovernabili e per nulla tutelati da “protezioni celesti”.
    Che tipo di viaggiatore mi definisco? Mi posso considerare, come direbbe Johann Wolfgang von Goethe, “un supplemento di tutti gli altri viaggiatori-narratori” che mi hanno preceduto nei loro viaggi, fatti in quegli stessi Paesi che pure io ho avuto la fortuna di visitare. In certi momenti e in certi luoghi avrei preferito fermarmi per almeno cinque o sei anni… e invece non ce l’ho fatta perché, a volte, dentro di sé si avverte la necessità di tornare a casa propria ogni tanto. Però, come sarebbe bello impostare la vita in un altro modo… magari come fece Tiziano Terzani!
    Nel rileggere qua e là i miei libri, m’accorgo di aver fatto un revival di ciò che, fino a un ventennio fa, era l’unico modo di viaggiare che conoscessi. Ero un viaggiatore, adesso sono diventato anch’io un tranquillo turista: un “pantofolaio”. Il fatto, però, merita una spiegazione: nel 2003, infatti, ho acquistato in provincia di Teramo un piccolo appartamento lontano 550 chilometri da quello milanese, la tipica “seconda casa” (presa con i risparmi e non con i soldi rubati) distante un centinaio di metri dalla spiaggia. Certo, lì poco lontani ci sono caratteristici e secolari paesini ascolani, e mi riferisco in particolare a Offida e all’antica Ripatransone (la quale con i suoi 43 centimetri ha il vicolo più stretto d’Italia, in concorrenza però, per un paio di centimetri, con il vicolo dell’altrettanto carina Civitella del Tronto ubicata lì vicino, ma in Abruzzo). Qualche viaggiatore puritano può storcere la bocca: “Sì, sono posti belli, ma l’India è tutta un’altra cosa!” Intendiamoci, per quattro lustri ho assaporato forti emozioni che, è vero, or ora non posso lontanamente tentare di eguagliare. Io ritengo, però, che la vita sia fatta di momenti, di atti diversi, come un romanzo a puntate. Oggi ho una figlia, e cerco di essere per lei un buon padre, soprattutto ora che è ancora minorenne; sta finendo la prima liceo scientifico. Non so se riuscirò nell’intento, ma so con certezza che la mia presenza fisica è importante, come del resto la mia “partecipazione”: nell’ambito familiare voglio essere un protagonista, non uno spettatore passivo. E chissà, quando fra pochi anni sarò pensionato, non è detto che io possa ancora riprendere a viaggiare… indipendentemente se in compagnia o ancora da solo. Ovviamente non come prima, ma pur sempre con un certo stile: salute permettendo.

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  3. Giorgio, anch’io, come Matteo L., ho visto casualmente questo blog. Ho letto cosa gli hai risposto, nella tua lunghissima lettera divisa in ben 6 puntate. Poi ho letto la bella prefazione di Sergio Stocchi e le recensioni, e infine ho letto anche tutti gli altri commenti sul blog (TUTTI!!!): così ho scoperto che tu sei anche su facebbok. Io, lì, non m’iscriverei neanche morto. Però, mi sono fatto una domanda: come è possibile che un giramondo libero come te, una persona che emana tanta avventura, si sia incanalato in una cosa che, di solito, fanno solo le persone più superficiali? Perché facebook? Chiamami retrogrado, ma una delle battaglie anti omologazione che porto avanti è rinunciare a facebook, proprio perchè lo fanno tutti, e anche perchè non mi va che se qualcuno paga il dovuto, può sapere tutto su di me. Spero non te la prenderai. Certamente ogni cosa si può usare con criterio ecc, ma io proprio le cose che fanno tutti non riesco a farle... probabilmente se viaggiare zaino in spalla e con sacco a pelo fosse di moda, mi risulterebbe alieno pure quello chissà. La Tv mi nausea, e quando sento gente che dice “perchè non guardi il Grande fratello?” gli rispondo che niente mi obbliga a tenere accesa la Tv. Sarò un estremista, ma mi risulta più facile e anche più sensato spegnere la Tv del tutto, invece che andare a spulciare il palinsesto alla ricerca di qualche programma che potrebbe, forse, in teoria, essere salvato o almeno non un insulto per l’intelligenza umana... ma chi me lo fa fare? Tanto vale spegnerla, ci sono solo lati positivi. Quando manco da casa per un mese d’estate, una volta tornato, le notizie del Tg sono le stesse del mese prima. Per non parlare delle riviste tipo “Gente”, “Oggi”, “Visto” o “Chi” o quelle scemate lì, piene di volti pseudo-famosi e di cui non si fa altro che parlare anche nelle Tv; ti rendi conto che si è stufi di sentir parlare di Lele Mora, Chiambretti, Canalis, Striscia la Notizia, Corona, Belen, Scotti, Simona Ventura, Cassano, Eros Ramazzotti, Berlusconi, Ruby, le escort, ecc… dovrei dire “ma cavolo, questa gente sta sprecando il mio tempo e io, invece, devo trovare altro da fare!”
La Tv è archeologia, nonchè prima causa di omologazione, e preferisco internet: lì le cose che ti interessano lì le cerchi, non devi aspettare e sperare che arrivino. E i giochi digitali non li nominiamo? Io li ho usati fino all’overdose, finchè, appunto, quando il mio cervello ha deciso di uscire dal letargo cui era sottoposto, ho capito che è meglio lasciar perdere e cercare di rendere la propria vita veramente entusiasmante, invece che fare tutto a rischio zero. Infine il cellulare: l’ho detestato con tutto me stesso anche perchè mi era stato imposto dai miei genitori quando avevo 16 anni... ma ora non potrei farne a meno. E’ diventato come una droga.
Mi chiudo in me stesso a riccio, e a volte per giorni e giorni consecutivi non voglio vedere nessuno, perché la gente mi annoia. Preferisco rintanarmi nella mia casa, da solo, a riflettere. Non vedo la Tv, non sono schiavo di facebook, e non vado neppure a votare: perché mai dovrei farlo, dato che “loro, i politici”, sono tutti uguali? E non bollarmi come qualunquista: so di esserlo, ma non mi piace che mi venga spesso rinfacciato. Oramai sono rassegnato, vedo solamente un avvenire piatto e scialbo (senza sbocchi per un lavoro soddisfacente) e perciò adotto la politica del “ciascuno pensi per sé”. Il qualunquismo dà almeno da mangiare, per contro il rispetto della collettività dà solo grane. E la cultura? Che ci ricavi se fai fatica a campare?

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  4. Luca, quanto dici su Tv e tutto il resto aprirebbe un dibattito. Stringendo, tieni conto che non c’è solo “Il grande fratello”, “L’isola dei famosi” o “La fattoria” (cose che non ho mai visto, né mai vedrò, neanche una puntata), e altre boiate adatte ai guardoni. Vedo assai poca televisione, perdipiù mirata (quasi solo “Rai 3”), con ciò non me la sento di condannare a scatola chiusa tutto quanto è trasmesso da quell’elettrodomestico. E dico altrettanto per il telefonino, i giochi digitali (che non uso mai) e per qualsiasi altra cosa. È l’abuso da tenere sotto controllo, non l’uso. Il cellulare lo uso poco e solo, o quasi, quando sono via da casa; con ciò riconosco la sua utilità. Non boccio tutto a priori, perché quel che conta è non farsi travolgere più di tanto dalle cose… e io penso di aver trovato un buon equilibrio (equilibrio, non compromesso: attenzione).
    C’è gente (come te) che afferma di non andare a votare perché i politici sono tutti uguali. E no; non sono d’accordo! Quando un popolo non sa più capire chi ci rappresenta, quando non ha più indignazione per chi la fa troppo grossa con la scusa che anche gli altri sono simili, beh significa che non sa distinguere tra un’occupazione militare e una mediatica. Entrambe sono dittature, ma con delle diversità e per coglierle bisogna essere culturalmente allenati. In questo momentaccio che sta subendo l’Italia, non si può pretendere di essere troppo precisini, perché l’alternativa è il vuoto… torno a dire “purtroppo”. Non si può fare sempre i puri e duri, perché così non si va lontano. Ci si tappa il naso e si sceglie il meno peggio, cioè quello che fa meno danni… dato che i tempi sono questi. Speriamo che la situazioni giri, ma dubito che accada. Almeno nell’immediato.
    A questo proposito ho un libro da suggerire: “LA LIBERTÀ DEI SERVI” (Laterza), di MAURIZIO VIROLI. Lì c’è scritto che, rispetto alle corti dei secoli passati, quella che ha messo radici oggi in Italia coinvolge non più poche centinaia, ma milioni di persone e le conseguenze sono le medesime: servilismo, adulazione, identificazione con il signore, preoccupazione ossessiva per le apparenze, arroganza, buffoni e cortigiane. Poiché il sistema di corte ha plasmato il costume diffondendo quasi ovunque la mentalità servile, il rimedio dovrà essere di necessità coerente alla natura del male, vale a dire riscoprire, o imparare, il mestiere di cittadini. Per quanto sia ardua, è la sola via. Il primo passo è capire il valore e la bellezza dei doveri civili.
    Riguardo a internet non è che lì sia tutto un paradiso, ma c’è anche tantissima spazzatura. Già, ovunque c’è sempre qualcosa che non va. Ciò che salva l’individuo dal degrado è la cultura e il buon senso. Bisogna però essere allenati a questo, in caso contrario è difficile cogliere le differenze. La politica del “ciascuno pensi per sé” alla fine aiuta soltanto pochi individui loschi, mentre gli altri raccoglieranno appena le briciole: pensano di averci guadagnato per un tornaconto illusoriamente immediato e invece sono fregati. Perché il qualunquismo fa diventare “favori” ciò che dovrebbero essere “diritti”: e a caro prezzo!
    ARGOMENTO FACEBOOK: mi sono iscritto alla fine di aprile del 2010 (A 58 ANNI d’età, e fino ad allora non avevo MAI usato internet), più che altro convinto da mia figlia perché volevo rintracciare un mio amico che non vedevo da vent’anni. Mia figlia mi spiegò che dovevo per forza iscrivermi su Facebook se volevo comunicare con lui... e così ho fatto. Poi ci ho preso un po’ di gusto... ma senza strafare. A volte le persone s’incontrano nella maniera più strana, addirittura in forma virtuale. Io per anni mi sono tenuto alla larga dagli incontri sulla rete, perché li ho sempre visti come contatti freddi e privi di emozione. Eppure, adesso, ho compreso che il buono o il cattivo non dipende dall’oggetto bensì – torno a ripetere – dall’uso che se ne fa. Su Facebook mi è capitato di ricevere della bella corrispondenza e contattare persone davvero interessanti. Poi ci sono pure i cretini, ma quelli li trovi dappertutto: basta eliminarli.

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  5. Giorgio, non mi soffermo sulle lodi per quello che tu hai fatto (viaggi e libri), perchè ci hanno già pensato altri. Piuttosto voglio stuzzicarti su una questione che finora qui nessuno ha trattato. Mi è capitato di entrare sul tuo sito di facebook, soffermandomi sulle tue “Note” (cosa che di solito, sono convinto, la gente evita di ficcarci il naso preferendo vedere, tuttalpiù, solo le foto). Hai scritto parecchio, da quel che vedo, e su diversi argomenti sono d’accordo con te: mi sono piaciuti tanto “Un libro chiuso è solo un blocco di carta” e la tua opinione sulle centrali nucleari. Mi è piaciuta anche la prefazione di Sergio Stocchi (che hai riportato anche su questo Blog). Ma non sono d’accordo su tutto, come per esempio sullo scambio di battute che vi siete fatti su “SCAMBI DI OPINIONI SU DIO E LE RELIGIONI” (23/25 novembre 2010). In questo caso io mi schiero, mi dispiace per te, con Vincenzo Caldarola dal quale prendo alcuni spunti: non preoccuparti, non mi querelerà per plagio, perché nel frattempo l’avviserò con una e-mail… e chissà che così lui intenda proseguire l’argomento anche su questo Blog!
    Iniziamo, dunque. Tu, da quel che ho capito sei un non credente, ebbene nei momenti di gravi difficoltà durante i tuoi viaggi a chi ti rivolgevi? Non credi assolutamente in Dio? Pensi che le religioni siano invenzioni umane? Non ti senti cattolico? Chi rifiuta di continuare a essere cristiano e soprattutto cattolico, regredisce a livello animale sia spiritualmente e sia come intelligenza. Voi atei usate spesso la parola “evoluzionismo”: forza allora, dovete evolvervi per distaccarvi dal regno animale al quale siete precipitati volutamente. Ti sei offeso? Se non accetti critiche e pensieri diversi dai tuoi e non cogli nulla di buono nel pensiero altrui, quello è un problema tuo. Per me un ateo non ha ragione di esistere in ogni Paese del mondo. Pensa se un musulmano si ritenesse ateo che cosa gli capiterebbe. Tu hai la libertà di rifiutare la tua identità di cattolico e cristiano, mentre altra gente non può neanche pensarlo altrimenti sarebbe ammazzata. In Italia come in Europa siamo più fortunati, e voi atei siete la testimonianza di una resistenza ristretta di persone secondo me chiuse culturalmente ed inevitabilmente in conflitto con il mondo fuori e con se stessi. Se ti ritieni ateo, dimmi allora cosa ti rimane dentro l’anima? Se svuoti l’anima della tua stessa identità, cosa ti resta? Gli atei non esistono se non nella pura immaginazione di chi crede di stare dalla parte della ragione. Ritenersi atei è come disconoscere se stessi, la propria identità di uomo libero e fiero di essere nato e vivere in un Paese civile e democratico. Pensa se tu fossi nato in Iran, Pakistan, Afghanistan, Yemen e altri simili. Pensa che fortuna che hai, nonostante i tuoi pulpiti di ribelle eterno ed insoddisfatto, eternamente in conflitto con il mondo e con te stesso. L’Italia è la testimonianza come pochi Paesi al mondo, di essere un Paese laico come è sancito dalla Costituzione che è la vera ed unica Bibbia a cui riferirsi. L’Italia è un Paese laico, il che vuol dire che se nasce tuo figlio e non lo vai a “denunciare” al comune sei passibile di denuncia penale, così come se vuoi sposarti devi andare per legge al comune davanti ad un testimone, non necessariamente davanti a Dio. Questa è la libertà che mi piace e la nostra Costituzione è unica in Europa in quanto sancisce delle leggi stupende che distinguono gli italiani dai francesi, dagli inglesi ed altri anche sotto altri aspetti che non sto qui ad elencare. In Italia c’è la libertà anche ai cattolici e credenti di esprimersi liberamente e “noi” benpensanti e mai abbastanza ipocriti non abbiamo alcun diritto di tappare loro la bocca. La storia è sacra e poi non dimenticare che il primo libro della storia è stato la Bibbia, e se riesci a capire cosa c’è scritto lì, avrai compreso lo scibile umano. La Bibbia in fondo è una metafora della nostra vita passata, presente e futura.
    CONTINUA NELLA SECONDA PARTE...

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  6. ...RIPRESA DELLA SECONDA PARTE
    Tu sei troppo ancorato a cose scientifiche e documentabili, ma come fai a documentare un pianto, un sorriso, un’emozione, una gioia, un dolore? Non puoi calcolare tutto, lascia un po’ di spazio all’irrazionale, al sogno, alla speranza… indipendentemente se ciò sia vero o meno. Non credi che un Essere superiore, comunemente chiamato Dio, ha creato il mondo e decide del destino di ogni persona vivente regalandogli un’altra vita oltre la vita terrestre? Sei sicuro che non hai mai avuto la tentazione di rivolgerti a Dio nei momenti di bisogno? Io sono contento di credere e sono ottimista verso chi mi circonda: sorrido a chiunque e non nutro rancori verso nessuno; e tu? Quando guardi la bella natura che ti circonda, con la sua flora e la sua fauna, non riesci a goderne la bellezza di questa sublime opera di Dio? Voglio sperare che la fine della mia esistenza non sia solo su questa Terra, ma devo pur credere che tutto non finisca lì. Perché, vedi, se si dovesse accettare il tuo concetto sarebbe la fine della speranza, e anche se fosse un’illusione ebbene che male c’è? Bisogna pur vivere di sogni, o no? Tu sei troppo pessimista e vedi sempre il bicchiere mezzo vuoto: le religioni non hanno portato solo guerre e distruzioni, ma anche aiuti e solidarietà.
    Giorgio, non confondermi con la vecchietta che sta sempre in Chiesa: no, non sono così. La Chiesa è l’espressione più chiusa e ipocrita della mentalità di molta gente che sicuramente va a braccetto con i preti, ma non di certo io. Il papa Karol Wojtyla ha suggestionato la gente con il suo populismo e la sua bravura, da vero teatrante, ignorando che leggeva quasi tutti i discorsi scritti dall’allora cardinale Joseph Ratzinger. Su Wojtyla hanno scritto parecchi libri e fatto film, ma mai nessuno ha avanzato delle critiche perchè lui era un bravo imbonitore che ha nascosto più di chiunque altro i legami criminali della Chiesa con la classe politica andreottiana, ad esempio. Ha mentito o taciuto sullo Ior, sulla pedofilia e sulla simonia. Ha mentito forse più di tutti, anche più di questo tedesco che almeno ha riconosciuto pubblicamente – anche se non del tutto - gli orrori ed errori della Chiesa.
    In sostanza, tu puoi anche continuare a mangiarti tutti preti che vuoi e il Papa, ma non è in loro che vedo il male. Il male è nella gente sciocca, ignorante, falsa, ipocrita, chiusa e retrograda che la domenica mattina va sempre a messa e poi la domenica sera firma petizioni per gli sgomberi degli immigrati e vede dei “malati” negli omosessuali. Quella gente mi fa orrore e me ne sto lontano da certi ambienti. La cultura come vedi fa elevare sempre lo spirito e fa distinguere gli uomini ipocriti da quelli meno ipocriti. Sono favorevole all’eutanasia, ma sia chiaro che non partecipo ai no-family-day, o ai no-papa, no-vat e cose simili. Non indosso magliette o sbandiero idee alle quali non voglio uniformarmi. Io sto dalla parte di Umberto Veronesi del quale nutro profonda stima. Detto ciò, non posso essere ateo, perché il fatto di non ritenersi cattolici non significa nulla. Siamo tutti cattolici, perchè siamo stati battezzati in chiesa com’è consuetudine. Il fatto di ritenersi fuori da una grande comunità che ci rappresenta non vi dà nessun diritto di sentirsi migliori degli altri che invece ci credono in Dio, come il sottoscritto. Voi atei dovete imparare anche a rispettare gli altri, piuttosto che a dichiarare le vostre debolezze, perchè l’uso della ragione non è un privilegio solo degli atei; ma che, stiamo scherzando? Che razza di mondo avete in mente? Ci saranno almeno quasi 6 miliardi e mezzo di gente che non si ritiene atei in tutto il mondo e che avrebbe voglia di darvi una risposta rispetto a certe affermazioni. Trovo assurdi simili ragionamenti. In conclusione, voglio semplicemente esortare gli atei ad aprirsi al mondo intero per essere più completi intellettualmente e spiritualmente. Molte celebrità della Storia hanno vissuto da atei, salvo poi convertirsi al Cattolicesimo in punto di morte. Medita, Giorgio… medita.

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  7. PRIMA RISPOSTA, SU 4 PUNTATE.
    Caspita che argomento! Ci vorrebbe una gran risposta … ma mi limito in quattro puntate.
    Ludwig Feuerbach, diceva: “Non è Dio che crea l’uomo, ma l’uomo che crea l’idea di Dio.” Secondo me, credere in un Dio può far comodo, ma non si può pretendere che anche gli altri debbano per forza diventare credenti. D’altro canto nessuno, compreso il Papa, conosce la verità (perché nessuno, del resto, è tornato veramente dal “regno dei morti” a raccontare cosa c’è dopo la vita) e quindi ognuno si sente in diritto di pensarla come vuole, senza però farsi prendere da fanatismi di qualsiasi matrice religiosa. Chiunque sostiene la sua teoria ha ragione, non potendo essere smentita. La mia opinione (quindi opinabile) è che non esista un culto perfetto: ogni religione è stata letteralmente “inventata” dagli esseri umani, che in seguito l’hanno adottata anche per facilitare la supremazia politica di turno. C’è da fidarsi di una cosa artificiale, spacciata per soprannaturale? Per quel che mi riguarda, l’unica cosa di cui mi posso fidare ciecamente è il dubbio e nient’altro, in ogni caso non di certo un rito mistico. Sono dell’idea che nell’affrontare la vita, o qualunque situazione che – anche apparentemente – può sembrare nitida, per prima cosa è utile essere sempre consigliati dal dubbio. Il dubbio è la molla che ci aiuta ad analizzare più intelligentemente la nostra storia, il nostro credo, la nostra società, l’informazione audio-visiva, il nostro metodo educativo. Insomma, non prendiamo mai per oro colato ciò che c’è perpetuamente siringato nel nostro cervello, ma soppesiamolo bene. E quando il dubbio straripa dalla nostra mente e invade dalla testa ai piedi il nostro corpo, facciamo un ampio respiro e iniziamo a rivedere tutto quanto ci è stato detto o insegnato, liberandoci di preconcetti e dogmi, aprendoci quindi a un’altra pagina dell’esistenza senza condizionamenti culturali e psicologici. In fin dei conti è impietosamente vero il detto “chi non dubita, non cerca; chi non cerca, non vede; chi non vede resta cieco.” Dio è una possibilità della quale io posso farne a meno perché non mi serve: anch’io ho avuto e ho tuttora molte incertezze e quindi, dopo lunghissime riflessioni, sono giunto alla conclusione che nessuna religione sia caduta dalle nuvole celesti per grazia suprema, ma tutte – dico tutte – sono semplicemente nate, cresciute e imposte su questa terra. Insomma, le tavole di Mosé sono proprio piovute dal cielo? Sulla questione ho tantissime perplessità e perciò non ci credo.
    Generalmente sono scettico sia nei confronti delle forme mistiche trascendentali, sia verso i vari tipi di divinità, sia per ogni forma di miracolo divino, sia verso le previsioni e le influenze astrologiche. La penso come diversi astronomi, i quali sostengono che l’ignoranza scientifica alimenti le paure irrazionali e le superstizioni. È utopistico pensare che gli esseri umani subiscano il flusso delle stelle; semmai è vero che subiscono un’influenza solare, la cui luce per giungere sulla Terra impiega appena otto minuti, e giammai quella stellare, la cui luce della stella più vicina per arrivarci impiega quasi quattro anni e mezzo. L’Universo creato da un Essere superiore o da un Dio è romantico, ma l’astrofisica dimostra di continuo che la teoria del Big Bang è quella molto più attendibile, senza che ci sia stata una bacchetta magica – agitata poi da chi? – che, come per magia, dal nulla abbia creato questo o quest’altro. È abbastanza normale che uno scienziato sostenga il Big Bang e l’evoluzionismo, senza credere alla creazione divina in quanto è difficile, per chi si occupa di scienza o di fisica, aderire a un credo religioso: basti pensare che solo una sottile minoranza all’interno di un’altrettanta risicata minoranza degli scienziati occidentali è credente. Il sacro e il profano stanno a loro come le superficialità teologiche con le profondità logiche.
    Credere in un Dio di certo aiuta a vivere, perché nei momenti di sfiducia ci si può attaccare all’illusione rassicurante di una vita eterna, di un aldilà.

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  8. SECONDA RISPOSTA, SU 4 PUNTATE.
    Chi invece non vuole soccombere al credo divino, ritenendo che non ci sia una vita, né un risveglio dell’anima, dopo la morte, nei momenti difficili deve soltanto contare su se stesso e basta. Con questa convinzione, si fatica di più ad affrontare la quotidianità... ma, nello stesso tempo, sono dell’avviso che ci si senta senz’altro più realistici. Nei luoghi di tortura il credente è sì avvantaggiato rispetto all’ateo, perché nella sua ingenuità si attacca a una speranza e a un domani migliore, a un paradiso riparatore che l’aiuta a sopportare il presente fatto di morte. L’ateo, in quelle circostanze, ha poco da essere ottimista e s’aggrappa alla vita con rabbia, con voglia di ribaltare l’oppressore e di vendicarsi. L’ateo, sempre in quelle circostanze, è però concreto e non conta sull’aiuto divino, bensì solo su quello umano e terreno. Certo, le illusioni, se forti, allontanano lo spettro della realtà e qualche volta aiutano a sopportare il presente… però, nella normalità, non possono essere dei punti guida di riferimento sul presente. Ho chiesto aiuto a Dio quando ero bambino, ma poi, diventato adulto, non l’ho più invocato… perché ho capito che era sordo. L’essere umano, seppur razionale, non sopporta l’idea che il mondo sia nato per una casualità, per un errore, solamente perché qualche particella impazzita si sia scontrata su una pista affollata dello spazio. E, per rendere più accettabile, e sopportabile, questa manifesta impotenza nei confronti del cielo stellato, la stessa umanità ha preferito trovare un complotto cosmico, Dio, l’eternità, l’inferno, il paradiso, il purgatorio, gli angeli e i diavoli… mettendo così a tacere la voce della ragione. Si è bombardati da rassicurazioni sull’immortalità dell’anima, su premi e castighi eterni… tutte cose che per taluni sono rassicuranti e per altri ingannevoli. Non c’è niente d’immortale, e ritengo che quando si muore si è soltanto un banchetto per vermi e parassiti mentre la nostra anima rimane nei cuori solo di chi ci ha conosciuto ed è ancora in vita: si resta nei cuori e nelle menti di chi continua a ricordarci, tramandando il tutto da genitore in figlio. Non riesco a immaginare l’esistenza di un Dio e neppure a pensarlo: sono convinto che la vita sia una luce tra due vuoti simili, l’oscurità totale prima della nascita e quella dopo la morte.
    Quando guardo la bellezza paesaggistica certo che ne godo, ma quando osservo uno scoiattolo, un passero, una quercia, il sole e le stelle, non vedo l’opera di Dio… ma Dio stesso. Io Dio lo vedo nella natura: è lì che regna e si manifesta a me direttamente; il tuo Essere superiore, buono per il culto, invece è un’istituzione astratta, codificata e usata a proprio comodo secondo le necessità. Il tuo è un Dio lontano, irraggiungibile per un uomo fortemente dubbioso come me.
    Carlo stai equivocando. Fino a prova contraria, sono sempre i cattolici che si considerano migliori degli altri, e non il contrario. Quanto mai un ateo è intollerante e arrogante? Queste due “qualità”, in aggiunta ad altre, sono prerogative esclusive dei fedeli più fedeli (quindi intransigenti... o fanatici). Le guerre di religione, da che mondo è mondo sono sempre state fatte in nome del proprio Dio... e non in nome dell’ateismo (tranne in casi sporadici). Riguardo al battesimo, beh non potevo scegliere... a quell’età. Si matura crescendo, non pensi? Tanto è vero che poi, chi vuole può non sposarsi in chiesa né far battezzare i propri figli (come ho fatto io). Se c’è qualcuno con il dente avvelenato, quello sei proprio tu. Nessuno si sente migliore di nessuno, o forse ritieni di esserlo proprio tu, in veste di credente, il migliore? Sulle questioni di rispetto c’è sempre da imparare, ma in questo caso non mi sembra che proponi argomenti degni, dal mio punto di vista, di essere considerati e perciò rimango fedele alla mia umile opinione. Spesso (o quasi sempre) accade di trovarsi con leggi che tutelano solo il credente a discapito di chi la pensa in maniera diversa pur contribuendo economicamente.

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  9. TERZA RISPOSTA, SU 4 PUNTATE.
    Noi atei siamo abituati a essere attaccati, perciò abbiamo imparato a difenderci... per non finire sui roghi. Gli anticorpi che abbiamo sviluppato ci obbligano ad alzare le antenne e ad aprirci al mondo. Mi piace la cosa: esprimere un’opinione dev’essere un diritto solo vostro? Mi sembra che di tolleranza siete messi maluccio, lasciateci almeno le briciole.
    Io – non credente – devo subire prepotenze da parte di alcuni credenti, e mi si dice anche di stare zitto? È il colmo! Cosa ci vietate? L’elenco è lunghissimo e doloroso: coppie di fatto, preservativi, eutanasia qualora si è esseri vegetali, aborti per chi subisce violenza, scuole private cattoliche con tutti i privilegi che oggi hanno a discapito della scuola pubblica, Ici non pagata dalla Chiesa che si ripercuote sulla collettività, l’8 x 1000 che anche gli atei sono costretti a dare al clero. Potrei andare avanti ancora, ma mi soffermo su quando dici (massimo dell’arroganza) “un ateo non ha ragione di esistere”. Stupendo: ti manca l’Inquisizione? I fedeli bigotti sono l’immagine dell’intolleranza e dell’ipocrisia... altro che amore per il prossimo! Riguardo all’anima, è meglio non averla piena di spine e di recinti, ma libera da superstizioni derivate dalle religioni, averla – in conclusione – più semplice e genuina. Il Vaticano è troppo impegnato a dare lezioni di moralità agli altri, che non guarda alle meschine sue situazioni interne. Già, il Papa sostiene che l’omosessualità è intollerabile, ma si guarda bene dall’affermare che, invece, è la pedofilia intollerabile. Parli dei problemi democratici in alcuni Paesi del mondo sulle questioni di libertà di culto, dimenticando che in Europa (alla quale, che tu lo voglia o no, dobbiamo raffrontarci), ci sono alcuni Paesi scandinavi molto più tolleranti e democratici di noi. La dignità, la comprensione, la generosità d’animo, la logica, il rispetto umano in Olanda sono tenuti in alta considerazione; peccato che non lo siano anche in Italia. L’attuale Regno dei Paesi Bassi nasce dall’Unione di Utrecht del gennaio 1579. Lì fu scritta una grandiosa frase storica: “Nessuno potrà essere perseguitato per le sue idee religiose.” Le “Quattro Libertà” del mitico discorso di Franklin Delano Roosevelt al Congresso (libertà di parola e d’espressione, libertà per ciascuno di venerare Dio a suo modo, libertà dal bisogno, libertà dalla paura) in Olanda sono rispettate da più di quattro secoli, diventando già a quei tempi terra di rifugio per i perseguitati religiosi e politici. Il filosofo Benedictus Spinoza, dopo essere stato scomunicato dalla sua comunità ebraica, fu accolto nei Paesi Bassi. Non fu bruciato vivo, né torturato per trenta o cinquanta ore ininterrotte, né imprigionato. Nell’Olanda del XVII secolo non c’erano persone ricchissime, ma neppure i poveri... e se questa non è democrazia, cos’è? Democrazia è anche rivendicare il sacrosanto diritto d’essere ateo, è non considerare l’embrione come una persona; è poter degnamente affermare che la vita non è un regalo di Dio, bensì è nostra e solo a noi appartiene. Finalmente sono d’accordo con te sull’eutanasia: è dittatoriale obbligare tutti, fedeli e atei, a non farsi tentare da essa, perché la considero una scelta personale. Chi vuole sopravvivere vegetando può farlo, ma non si può obbligare chi non vuole.
    Mi sai dire, piuttosto, perché le religioni sono da sempre altamente maschiliste e tengono in bassa considerazione l’universo femminile, impedendo loro la scalata gerarchica? Nell’ambito religioso non c’è mai stata uguaglianza tra i sessi e la disparità è tangibile. D’altronde la fratellanza, l’amore per il prossimo, la solidarietà, il rispetto degli altri per diversi credenti altezzosi e supponenti sono parole vuote che, oltre a non essere prese alla lettera, per loro non hanno alcun significato. Queste formule teoriche, come anche quella che dice “Fai agli altri quanto vorresti che gli altri facciano a te”, si pronunciano perché si fa una bella figura a dirlo, ma è un modo di esprimersi senza convinzione. Frasi, solo belle frasi.

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  10. QUARTA E ULTIMA RISPOSTA, SU 4 PUNTATE.
    Tutto ciò è ipocrisia, secondo la forma più antica greca, cui si possa risalire percorrendo a ritroso la storia stessa di questa parola: ossia, “chi recita”. E chi recita, si sa, usa la maschera e non è per niente trasparente bensì per sua abitudine convive con la bugia. E la bugia si alimenta e prospera con apposite scenografie e muri divisori. Forse i fedeli più fedeli, che bene incarnano per l’appunto recite e bugie, hanno una risoluta ostilità interiore, anche se nascosta sotto belle spoglie, e vorrebbero annientare il diverso, il non credente, il dubbioso, l’anticonformista, il razionale: sono tolleranti unicamente con coloro che applicano ad occhi chiusi la loro rigida linea di condotta.
    Certo, si può vivere di sogni… anzi, si deve. Capita di frequente, però, che le alte gerarchie religiose impongono queste illusioni molto seriamente, anche a chi non intende rincorrerle. C’è un detto scherzoso ma popolare che invita a non prendere la vita troppo sul serio, perché comunque vada non ne uscirai mai vivo. Mi astengo da qualsiasi culto perché ho un mio credo, che non coincide con quello di un Dio strumentalizzato, umanizzato e idolatrato. Sono dell’avviso che c’è chi, con consistenti dosi di superficialità e di pigrizia intellettiva, non vuole credere nell’universo, nella scienza, nella fisica, nell’astronomia, nella nascita di una stella… insomma, non vuole credere in niente. La gente, però, quando non crede più a nulla paradossalmente è pronta a credere a tutto, senza farsi vincere dal dubbio: quello che capita capita, sia che si tratti di un totem, sia che si tratti invece del sole, di un albero, di una montagna, di una piramide, di una pietra o di una divinità astratta e inventata. Io, invece, che di dubbi ne ho a iosa, credo principalmente nell’uomo e in seconda analisi nell’universo. Avere fede in un Dio per me è come credere a nulla, perché ci sono vari Dei, molte religioni; ma l’uomo è uno solo. Chi ha fiducia in se stesso è fiducioso anche verso la vita e le galassie… perché non è importante credere, ma essere. C’è chi vede il mondo con occhi sorridenti e chi, al contrario, vuole farsi carico sulle proprie spalle dei peccati odierni e antichi. C’è chi, in definitiva, è per la tolleranza – quella vera, da non confondersi con l’opportunismo – e chi ai suoi fedeli getta addosso fin dalla nascita il macigno del peccato che risale all’origine dei tempi. Uno nasce con il sorriso e l’altro già con la penitenza: c’è chi vede rosa e chi vede nero. La religione mortifica e separa la gente ed è un pretesto per sopprimere i popoli: vedi le guerre di religione e i genocidi compiuti nel nome di Dio in vari continenti. Tutta questa malvagità è stata sempre fatta in nome del proprio Dio, invocato da popoli interi, ma non mi risulta, invece, che in nome della scienza c’è stata una qualsiasi guerra. In definitiva, quindi, e in considerazione di quanto detto, io sono per tutto ciò che congiunge non per ciò che divide... e le religioni, ahimè, non sono favorevoli all’unione.
    Sono pessimista, o realista? Vogliamo tacere della persecuzione contro la fantomatica stregoneria e le attività di maghi e streghe, mietendo un’infinità di atroci morti... tutte assurde? Solo a possedere un gatto nero o una capra si rischiava di venire tacciate come streghe e finire quindi sul rogo, non prima però che il proprio corpo fosse orribilmente martoriato. Insomma, il versetto “Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza” è equivoco, e andrebbe riordinato con l’inversione tra soggetto e oggetto: “L’uomo fece Dio a sua immagine e somiglianza”.
    Umberto Galimberti dice che l’ateo non esiste se non nella definizione che i credenti danno a coloro che non credono. E nessuno si trova bene in una definizione che altri confezionano per lui. Quelli che di solito sono definiti “atei” sono persone che nel loro pensiero e nelle loro azioni si attengono rigorosamente ai dettami della pura ragione che, essendo ciò che gli uomini hanno in comune, è l’unico terreno possibile per un proficuo confronto.

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