“Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto”

“Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto”
“Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto”; Giorgio Càeran – ‘Youcanprint’ (2ª edizione) – 2023 – 568 pagine – formato cm 17 x 24. &&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&& &&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&

giovedì 14 aprile 2011

Su “VESPA WEB” (www.vespaweb.com), è stata pubblicata questa recensione. Ringrazio.


LA VIA DELLE INDIE IN VESPA
Editore e autore: Giorgio Càeran – 1983
(224 pagine, foto-copertina a colori, 12 cartine/itinerario, 80 foto in bianco/nero)

La mitica India, l’irreale Kathmandu: due obiettivi e due sogni di tanti giramondo degli anni Settanta e di una generazione cresciuta nel sogno del “viaggio”. Niente di straordinario, la via delle Indie, niente di straordinario l’averla percorsa con la “Gigia” (il nome dato alla sua “Vespa 200 Rally”); fuori dall’ordinario invece che l’autore viaggiatore (editore di sé stesso) abbia realizzato la sua fuga da casa senza l’appoggio di sponsor alcuno, senza troppi soldi in tasca e con uno scooter vecchio di quattro anni già protagonista di un raid verso Capo Nord. Un viaggio durissimo durato 334 giorni, compiuto fra difficoltà quotidiane e imprevisti occasionali. Puro esibizionismo? Coraggio d’altri tempi? L’autore, più semplicemente, spiega che il bisogno di evadere è presente in tutti noi, cittadini alienati di un mondo ordinato secondo schemi rigidi e noiosi: esiste ed è ben vivo il bisogno dunque di riappropriarsi della propria esistenza. Ecco, Giorgio è uno che viaggia ma a occhi aperti, guardando tutto quel che c’è da guardare, ma anche recependo gli usi e costumi locali, tentando di capire lo spirito delle genti avvicinate durante il lungo interminabile andare. On the road quindi, con l’entusiasmo del viaggiatore accanito.
Giorgio ha il suo modo di viaggiare, volendo rimanere fino in fondo uno “spirito libero”, senza mai appoggiarsi a eventuali sponsor. Non ha voluto essere condizionato da itinerari e da programmi dettagliati, di conseguenza non ha mai avuto alcun aiuto economico, organizzativo, logistico, né tantomeno collegamenti satellitari. Di gente che scorazza su e giù per il globo, sovvenzionata da varie Case motociclistiche, automobilistiche, emittenti televisive o quant’altro, ce n’è parecchia. Questo, però, non è il tipo di viaggio che lo attirano perché in fin dei conti per lui significa poco muoversi con aiuti del genere alle spalle. Troppo facile e “freddo” viaggiare così, con un’avventura esageratamente pubblicizzata: è la legge di mercato, chi grida di più la vacca è sua. Per lui il vero viaggiatore è chi sa cosa significhi partire, per qualsiasi itinerario, senza date da rispettare: è colui insomma che non vuole essere condizionato dall’esiguo periodo delle ferie, bensì vuole assaporare appieno un’ebbrezza rivitalizzante che solo senza date fisse e implacabili si può ottenere. D’altro canto programmare un viaggio, perfino nei particolari, non è un’abitudine dei veri viaggiatori, come non è loro abitudine vedere tutto frettolosamente per mancanza di tempo.
Càeran si getta, cinque anni dopo il ritorno, in un’altra avventura più casalinga ma più rischiosa, economicamente: editare da sé il libro e proporlo al pubblico nella sua veste vera e immediata, non ingentilita dalla mediazione della carta stampata, raccontando le sue esperienze: una vicenda di vita – con incontri, difficoltà, piccoli e grandi drammi – che valeva la pena di raccontare. Scritto in forma agile e vivace, più che di un racconto si tratta di un diario di viaggio, tale e tanta è la messe d’informazioni contenute, e tanto emotive sono le descrizioni dei luoghi e le riflessioni personali. In tono discorsivo, come per una chiacchierata fra amici.
Il volume è reperibile presso la “Libreria dell’Automobile” in Corso Venezia 45, a Milano, oppure rivolgendosi direttamente all’autore nella sua abitazione a Milano… e lui lo vende a metà prezzo.

14 commenti:

  1. Ciao Giorgio!
    ho 26 anni (caspita, già 26...) e sono di genova, ma questo non importa.
    ciò che mi preme molto chiedere è: come hai fatto? mi spiego.
    io nel 2006 sono partito zaino in spalla per l'italia nel mio primo viaggio da solo. nel 2007 ho preso la macchina dei miei e da solo sono andato a capo nord. nel 2008 ho girato spagna e portogallo in interrail. e ogni volta, ogni volta, venivo visto quasi come uno stupido, un fuori di testa, un pazzo che ha perso il senno perchè è da sfigati viaggiare da soli, se lo fai non hai amici e chi più ne ha e più ne metta.
    se queste voci venissero da fuori, uno se ne frega, il fatto è che i primi a scuotere il capo sono proprio i parenti.
    è cosa di un mesetto fa circa, incontro un ex compagno di università che mi dice "ma mi avevano detto che eri uscito di testa, eri andato a vivere in finlandia o cose del genere"...questo sarebbe lo strascico del mio viaggio a capo nord.
    cioè guidare un mese fino a capo nord sembra quasi che sia andato in barca a remi su marte..
    tu hai preso una vespa...una vespa cavolo!!! e sei andato fin lassù, quando non si poteva cercare il percorso su internet o simili...so solo io (e tu, penso) quant'acqua ho preso in scandinavia, ed era agosto! e i miei pretendevano 2 sms al giorno per sapere che ero vivo ecc.
    per non parlare del fatto che sei andato...in india! cioè a dirlo, pensarlo, scriverlo, mi commuovo quasi (esagero eh)...
    e perciò ti chiedo, come hai fatto? eri forse orfano? cioè tu non hai idea, o forse si, di quanto è duro sopportare ogni volta delle botte da disadattato. io mi guardo in giro e vedo gente che non pensa ad altro che al lavoro, alla carriera, a fare soldi che non servono e che poi vengono sprecati per comprare "beni" che non servono perchè "eh, che li tieni li a fare i soldi sennò?". gente, e parenti, che se andassi in VACANZA per 2 settimane al mare-discoteca-mare sarebbero molto più contenti che non sapermi da solo chissà dove in giro per il mondo.
    quello che piace alla gente normale a me schifa o lascia indifferente e quando mia nonna, per fare un esempio, mi chiede frustrata "allora cosa ti piace?" e io le dico "viaggiare, girare il mondo!" lei mi risponde "il mondo lo vedi anche in tv!"...questa è una risposta che ho ricevuto e mi rendo conto che sia un caso estremo, ma tu riesci a capire di dover affrontare tutti i giorni situazioni del genere?
    gente che non capisce nulla e ti fa passare per quello sbagliato..
    a lungo andare qualche dubbio te lo fanno venire anche a te, anche se sono una testa dura.
    il mio problema è che non c'è nessuno con cui condividere il mio punto di vista...l'unico era il mio migliore amico, ma non c'è più. adesso ho la fortuna di aver incontrato una ragazza che mi ascolta e mi capisce, ma forse lo sai meglio di me, è una donna, e le donne sognano altro nella vita: una famiglia, dei figli...e anche se lei ha una forte passione per il viaggio, le cose si conciliano poco facilmente.
    ma soprattutto vedi, anche qui è visto tutto in modo tragico, con il cronometro in mano: se vuoi viaggiare, e tanto, perdi il treno per farti una famiglia ecc...ma diamine dove sono finiti i figli dei fiori??? quella era gente che in una settimana rimediava un furgone e una ragazza e andava fino in australia col mitico bully! e al domani ci si penserà...
    invece ora niente, sono tutti servi delle aziende.
    mi è venuta una mail frustrata e lamentosa, ma cerca di leggerla con uno spirito positivo se riesci!
    capisci che dopo anni e anni, anche a me vengono dubbi sul "come faccio a trovare lavoro e mantenermi se voglio viaggiare?" tutti dubbi che nel 2006-2007-2008 non mi sfioravano minimamente!

    CONTINUA NELLA SECONDA PARTE...

    RispondiElimina
  2. ...SECONDA PARTE
    io ho una moto, transalp del '90 preso l'estate scorsa, e mia madre ha paura se ci giro per la città! tu hai preso un vespa, senza nulla togliere al mezzo (anzi non so se segui il blog vespanda, quel ragazzo che è andato dall'alaska alla terra del fuoco in vespa) e sei partito per l'india degli anni 70...cioè roba fuori dal mondo.
    io so bene che è fattibile eh, lo so bene, ma mi chiedo, sei riuscito a partire tranquillo con tutti? io so già che se volessi farlo dovrei mandare tutti ,scusa, a fare in culo, per essere lasciato in pace...perchè funziona che tutti ti assillano di buoni consigli e cercano di farti desistere finchè non alzi la voce e intimi a tutti di farsi i fatti propri...
    come vedi la domanda "come hai fatto" aveva dentro di se dubbi più "profondi" diciamo.
    e un'altra cosa...ti ho parlato prima di quella ragazza...anche qui, come hai fatto? sei mai stato nella condizione di dover scegliere tra viaggiare e l'amore per una donna che invece non vuole perdere il treno per un lavoro sicuro, una famiglia e dei figli? ti dico subito che purtroppo o per fortuna il mio è un amore vero, non è la mia vicina di casa per dire, sta pure a 500 km da me, quindi, ecco, devo averne proprio voglia per cercare, come posso, di tenere in piedi una cosa del genere. e poi non è il caso che io vorrei andare a girare il mondo e lei (senza voler offendere nessuno) è un'oca che pensa solo allo shopping, gira con la luis vuitton, passa le giornate del parrucchiere e a farsi le unghie. lei è proprio mitica e il mondo lo vuole vedere anche lei, solo che come dice, io sono un estremista.
    quando ad inizio mese è partita per cuba con sua sorella in viaggio post-laurea, abbiamo visto all'aereoporto un taxi indiano messo li per pubblicizzare la nuova tratta per l'india di non so quale compagnia di volo e lei mi ha guardato e mi ha detto "mi prometti che ci andremo?"...lei l'india la adora, ma credo faccia fatica a prendersi il tempo per se stessa.
    vabbè ma ora non ti tedierò con le mie cose, era solo per darti un quadro della situazione.
    so bene che la vita è mia e so bene che se voglio posso fare quello che mi pare, ma vedi il 2 maggio partirò per un tirocinio di 3 mesi in turchia per finire l'università. le reazioni sono (e ribadisco, per un tirocinio, in turchia): la ragazza di cui sopra, super entusiasta che mi spinge ad andare e mi dice che sono fortunato, i miei che non dicono più di tanto perchè hanno un poco capito come sono, preferirebbero stessi vicino ma non fanno storie, i miei nonni che dicono "eh stai attento che li ogni tanto qualche testa matta va fuori di testa (sottintendendo attentati....!) e gente estranea che scuote la testa ridendo come dire "l'ennesima idiozia di larconetti".
    tutto ciò per un tirocinio aziendale.
    ora tu spiegami, se ne hai voglia, come trasmettere agli altri la magia del viaggio, e del viaggio da soli ancora più difficile, io sono anni che ci provo e predico nel deserto.
    tu sei andato in india in vespa...io stamperei un santino con la tua effige e renderei grazie 3 volte al giorno!
    non avendo trovato la tua storia mi piacerebbe anche sapere com'è evoluta la tua storia/vita una volta tornato da quel mitico viaggio.

    grazie per la pazienza.
    con grande ammirazione e invidia
    Matteo

    RispondiElimina
  3. Lo scritto di Matteo è pieno di energia (al di là degli strafalcioni dovuti alla fretta di scrivere) e mi ha dato un sussulto. È senz’altro una delle più sentite lettere e-mail che abbia ricevuto (senza voler sminuire le altre, beninteso). Lui ha dato il via a una girandola di dubbi che fanno riflettere, e ho perciò intenzione di rispondergli nella maniera più adeguata. Intanto faccio una precisazione: in pochi giorni tra Matteo ed io c’è stato un vivace scambio di e-mail, interessanti. Siccome io sono convinto che gli argomenti che lui tratta possano interessare un ampio gruppo di persone, soprattutto del mondo giovanile, riporto qui (PRIMA DELLA MIA RISPOSTA) degli stralci presi dai suoi scritti, iniziando con la prima.

    25 aprile 2011
    Buongiorno signor Càeran,
    come di recente mi capita per altri, ho trovato il suo blog nel modo più impensabile.
    Per evitare di tediarla inutilmente, vorrei chiederle se è disposto a rispondere a quelle che per lei saranno probabilmente “le solite domande” di fan, lettori, curiosi.
    Ho trovato il suo blog ieri sera prima di andare a dormire e ho potuto darci solo un’occhiata, ma tanto è bastato per farmi pensare che Lei sia una sorta di “guru” del viaggio, e per tanto i suoi pareri, consigli ecc potrebbero essermi utilissimi, per me che invece sono un novellino pieno di sogni, per ora.
    Ho scritto questa mail di introduzione/richiesta, perchè se giustamente non avesse più voglia di rispondere a certi quesiti inflazionati e logori, evito di perdere un'ora a scrivere per niente.
    La ringrazio in anticipo per il suo tempo, e le auguro buona giornata
    Matteo L.

    29 aprile 2011
    grazie per le belle parole Giorgio.
    Una delle cose che però mi scoraggiano è quando dici che i miei dubbi sono molto frequenti nel mondo giovanile...io allora devo vivere in un atollo di tristezza! Ad esempio, senza darle contro, ma mia sorella che ha 18 anni e dovrebbe sognare di spaccare il mondo, non fa altro che pensare a quale università le darà un buon lavoro...a 18 anni! I sogni sono già mutilati a quell'età?
    E questa è la parte migliore, diciamo. Lo sconforto maggiore è dato dal vedere l'omologazione totale cui si sottopongono i giovani oggi. Leggevo giusto ieri il significato del termine “hipster”, dice che era un movimento di bianchi che voleva emulare i neri e andare contro il “buon costume” con cui ci si vestiva all'epoca....e questo era solo uno dei mille movimenti contro la forma presa dalla società moderna.
    Al giorno d'oggi...c'è un altro movimento di aggregazione dove la gente fa di tutto per essere accettata, non manda tutto a quel paese per definire il proprio essere. L'unico risvolto rimasto sai dove lo vedo? nella maledettissima moda! La gente si fa schiava e rinuncia alla propria libertà di essere e di sognare e l'unico capriccio che si concede è apparire! Vuoi un esempio? Come mai ora sono di moda i capelli spettinati, i jeans consumati (tutto per finta, perchè se hai capelli spettinati davvero o jeans vecchi sei uno sfigato) e la barba incolta? Proprio perchè dai l'immagine di un giramondo, uno che se ne frega, uno che vive a modo suo...e invece? Invece non sanno sognare al di là del loro specchio.
    Comunque sia, ti ringrazio di nuovo e mi fa piacere di essere riuscito a trasmettere un po' di “intonazione” attraverso la scrittura.
    Matteo L.

    1° maggio 2011
    il nome jonathan esce fuori perchè per postare un commento bisogna avere per forza gmail, la mail di google...che devi mettere se scegli “account google”...essendo che avevo già quella lì pronta di mail ho usato quella.
    Riguardo la ragazza sta a Trento, anzi in un paese a un'ora da lì. Non è proprio la mia ragazza, ma insomma stiamo bene entrambi. Naturalmente vederci è difficile, perchè dobbiamo avere almeno una giornata libera e anche i soldi che si spendono ogni volta non sono proprio pochi. Io frequento la facoltà d’ingegneria elettrica a Genova, e ci sto mettendo una vita per finire la sola triennale.
    grazie ancora, ci sentiamo
    Matteo L.

    RispondiElimina
  4. PRIMA RISPOSTA, DISTRIBUITA IN 6 PUNTATE.
    Matteo,
    per risponderti in maniera adeguata ho dovuto scrivere parecchio, pertanto – tenendo conto del limite per ogni commento – suddivido la risposta in sei tronconi, QUESTO È IL PRIMO. Veniamo adesso alla tua (tue) lettera/e.
    Ho letto con attenzione le tue lettere e le domande che poni sono molto importanti e sentite nel mondo giovanile. Più di quanto s’immagina. Ci sono dei giovani che mi sottopongono, in parte, i tuoi stessi disagi e uno in particolare, Andrea, che ha tre anni meno di te, aveva intrapreso con il sottoscritto una fitta corrispondenza via e-mail. Lui, per esempio, viene da una situazione familiare serena e perciò gli è difficile affrontare certe questioni. Ci sono anche altri giovani che mi raccontano i loro malesseri del vivere quotidiano e sognano la fuga, il viaggio, la libertà. Poi, però, trovano grosse difficoltà a realizzare, o quantomeno a tentare di realizzare, tutto ciò. Stiamo attenti a non cadere nel tranello con il pensare che i giovani di oggi siano meno propensi a sperimentare certe scelte di vita, mentre trenta o quaranta anni fa era più normale. Rapportandomi con la mia esperienza mi sento di smentire certe valutazioni. Mi sembra la stessa situazione della generazione Sessantottina o hippy, catalogandole come se fossero realtà consolidate su vasta scala. Io, invece, ritengo che, tanto per ancorarmi a quei due movimenti, chi ne apparteneva era una minoranza neanche poi tanto numerosa. Stessa cosa è per la voglia di avventura: quando ero giovane facevo una gran fatica a convincere un solo coetaneo per mollare tutto e tuffarsi a piedi uniti in un bagno di avventura incondizionata. Inizialmente, quando si facevano progetti, sembrava di essere la metà di mille, poi, con il procedere verso la linea concreta… beh, piano piano si defilavano tutti. Era così allora ed è così adesso. Perché, caro Matteo, è difficile troncare un modo di vivere consolidato per tentare l’ignoto. La domanda più frequente era: “Se ti licenzi e vai a zonzo per il mondo, quando tornerai cosa farai? Troverai ancora un posto di lavoro?” Tu puoi rispondere che non t’interessa niente del ritorno a casa (e lo pensi davvero); tu puoi rispondere che per te conta solo la partenza e tutto il resto arriva dopo. Ma con simili risposte si passa per pazzi, per perditempo. È dura, ma è così. Del resto pure il mitico alpinista Carlo Mauri, coetaneo di Walter Bonatti, diceva che gli alpinisti o gli eroi servono come esempi, ma fuori di casa, perché ad averli vicini fanno soffrire. E lui aveva ventidue anni più di me.
    Vedi, io sono stato fortunato a causa della mia sfortuna: in famiglia non avevo una situazione serena come quella di Andrea e neppure un forte ostacolo alle mie decisioni. Perché? Semplicemente perché con mia madre non c’era un legame forte, ma piuttosto freddo e indifferente. Va da sé che, di fronte a vicissitudini di questo genere diventa enormemente più facile sbattere la porta di casa e andarsene. Intendiamoci, per non alimentare equivoci, la mia situazione familiare non era degradata ma è peggiorata a causa dei sette anni che ho fatto in collegio dopo la morte di mio padre (avvenuta quando io avevo quasi dieci anni e mezzo) spegnendone i cuori. Tuttalpiù mia madre sapeva che, se avesse osato ostacolarmi in maniera feroce, io sarei partito lo stesso e difficilmente avrei fatto ritorno. Ero particolarmente deciso. Tiziano Terzani disse: “La libertà e la felicità non vanno di pari passo.” Verissimo, è impossibile avere entrambe le cose: o l’una, o l’altra.

    RispondiElimina
  5. SECONDA RISPOSTA, DISTRIBUITA IN 6 PUNTATE.
    Matteo,
    Ti faccio un esempio: in questo Blog cito in più occasioni il mio amico Sergio Stocchi. Lui aveva una famiglia benestante, poi, alla bell’età di 44 anni, diede un calcio a un’invidiabile posizione professionale (era uno stimato ingegnere) e preferì guadagnare assai meno pur di abbracciare la libertà. Certo, qualche mio amico mi ha fatto notare che in fin dei conti è facile rischiare quando si hanno le spalle protette (ossia la famiglia senza problemi economici). Sono d’accordo solo in parte su quanto affermano i miei amici, perché gente che butta alle ortiche professioni di prestigio per fare il giramondo… non mi sembra che ce ne sia tanta in circolazione.
    Ecco, ti ho presentato un quadretto generale sulle motivazioni e sulle parità di modi di pensare comuni, immutabili nel tempo. Adesso vediamo di capirci un po’ sul tuo caso specifico. Vedo che sei andato in giro spesse volte da solo e in questo siamo simili, ed è, secondo me, il modo di viaggiare migliore. Non voglio ripetermi in cose che ho già detto su questo argomento, ma se tu leggi la mia introduzione di questo stesso Blog (il terzo Post, per l’esattezza, sotto la scritta “AMPIO RESPIRO”) potrai dedurre qual è il mio pensiero sui viaggi in solitaria. Matteo, su questo punto siamo uguali.
    Tu mi chiedi se partivo tranquillo. Più che tranquillo ero molto determinato e non c’era niente che mi faceva desistere. Mi licenziavo per disporre tempi illimitati che l’esiguo periodo di ferie non mi concedeva. Io non volevo limitazioni alla mia voglia di libertà, ed è per tutto ciò che non ho mai cercato uno sponsor per avere sovvenzionamenti sui viaggi. No, non volevo compromessi. Per me era non solo importantissimo, ma piuttosto era del tutto non barattabile, il viaggiare in quel modo. E adesso? Beh, dopo essermi abbeverato al fiume senza dighe… sono rientrato in seno alla società. Con moglie e figlia ho una dimensione più rilassata rispetto al passato, ma me la concedo solo perché ho già avuto tanto. E poi, quando fra pochi anni sarò finalmente in pensione qualche ritorno di fiamma – seppur più moderato – penso di farlo. Quando una cosa si ha dentro rimane e alla fine qualcosa pur sempre ne nasce. Quindi, Matteo, adesso sta a te: devi valutare bene la tua questione e, se ne sei veramente convinto, allora non hai che affrontare di petto il problema. O vai, o resti. E se resti, non devi farti schiacciare dalle frustrazioni altrimenti vivresti malissimo. Però, nello stesso tempo, se decidi di partire non farlo alla cieca solo sull’onda emotiva seguendo il vento della libertà ideologizzata. No, se tu dovessi partire così alla prima difficoltà saresti perso. Devi avere una grossa motivazione, in caso contrario non ce la fai perché, sappi che, in certi momenti le avversità saranno spietate e non sarà facile contrastarle. Solo grosse motivazioni possono fare da freno agli sconforti, ai dolori, ai sacrifici, alle fatiche. La tua età è quella giusta per sperimentarne le conseguenze. Ti ripeto che ci saranno momenti nei quali potresti pentirti d’essere partito, ma se li supererai sarai ripagato come non mai. Non ci sarà altro che valga quanto quelle gioie che solo certi tipi di viaggi offrono.
    Nel caso si decida di partire con un veicolo proprio, però è bene farsi prima un’infarinatura di meccanica, perché se si è soli e capita un piccolo guasto facilmente riparabile… beh, bisogna saperlo fare. C’è gente che parte con entusiasmo e poi non sa neppure cambiare una candela o una gomma forata: e allora sono dolori. Si può filosofare, leggere “Siddharta”, Kerouac, o celebri libri di avventure e di viaggi, si può sognare l’India e l’Africa… e poi? L’avventura assume la forma immensa del deserto: ci si stipa in vecchie automobili… per poi arenarsi, troppo spesso, in luoghi sperduti, demoralizzati dall’incubo della tôle onduleé, scoraggiati dai numerosi guasti. In mancanza di preparazione intellettuale e materiale, è la fine.

    RispondiElimina
  6. TERZA RISPOSTA, DISTRIBUITA IN 6 PUNTATE.
    Matteo,
    Già, è bene tener sempre presente che il viaggio va oltre al sogno e, quando serve, occorre concretezza: l’arte di arrangiarsi. Necessita, dunque, essere almeno in certi frangenti, in grado di cavarsela da soli. Poi, è ovvio, per le difficoltà grosse si deve contare sugli altri e in quel caso si deve tirar fuori tutto lo spirito di adattamento che si ha. S’impara, cioè, a vedere altre scale d’importanza che normalmente passano in second’ordine. C’è la rivalutazione di ciò che consideriamo insostituibile e di primaria importanza. Si capirà, lì, il significato di “superfluo”. Le cose che si possono farne a meno, in un viaggio diventano inutili e ingombranti.
    Certo, non voglio fare il pessimista a oltranza, perché oggi tutti gli obiettivi sono alla portata di guidatori mediamente dotati e di qualsiasi automezzo da turismo, e bisogna davvero “metter sotto” tutte le regole di sicurezza per smarrirsi sulle grandi direttrici dei deserti, tra l’altro abbastanza frequentate. Stiamo però con i piedi per terra: bisogna essere in grado di conoscere se stessi e capire che ciò che conta è lo spirito che si ha, non dove si va. C’è chi mi chiede come facevo a starmene in giro tanto tempo: mi licenziavo – quando non potevo farne a meno – oppure chiedevo permessi non retribuiti, e speravo sempre di trovare qualche lavoro nuovo al ritorno in Italia. In certi momenti è stato tremendo, ma se la volontà è forte si va avanti per la propria strada… costi quel che costi.
    Una delle molle interiori che mi ha fatto scattare l’inesauribile desiderio di partire, di conoscere nuovi mondi e nuovi popoli, è la voglia di staccarsi da tutto ciò che nasce dalla rigida routine d’ogni giorno. È la ferma volontà di lasciare la massa della gente – spesso mediocre e ipocrita – che troppe volte isola e di raro unisce, per riflettere sereni in una solitudine cercata e voluta. C’è pure la profonda convinzione che una volta tanto si possa abbandonare un posto di lavoro sicuro, per cercare le risposte ai nostri intimi “perché?”, che formuliamo osservando certe dure leggi della vita senza comprenderle e anche, perché no, per scrollarsi di dosso i consigli dei conservatori benpensanti: “frenati, attendi, pazienta, rassegnati ad accettare il tuo posto nella società, non tentare di modificare il corso del destino, non lasciare la vecchia via per la nuova”. Certo regole d’oro, ma di tanto in tanto evadere dalla realtà d’ogni giorno diventa una necessità insopprimibile.
    C’è pure il rifiuto delle regole codificate dal timbro di un cartellino, in un sistema di vita alienante che invecchia anzitempo quando, iniziando a lavorare, si passa dal mondo dei ragazzi a quello degli adulti. Prima che avvenga questo cambiamento c’è lo stimolo a vivere la vita in modo diverso. Ci s’infuria con se stessi, poi, se ci si limita soltanto a stagnare nell’oblio e a sognare ciò che pare irrealizzabile senza osare tradurlo in realtà, sapendo che spesso usiamo l’aggettivo “irrealizzabile” solo per comodo. Ci si ribella a un mondo che si vede così spesso inquadrato e bigotto, che nulla concede a nuove aperture di pensiero, intento a sorreggere miti di cartapesta; si rifiutano a un certo punto i condizionamenti e i falsi valori appresi nell’adolescenza. Si vorrebbe rivoltare il mondo per cancellare l’emarginazione, la mancanza di comprensione… il fatto di non essere accettati per ciò che si è. Si cerca caparbiamente una rivincita, a volte, contro il passato che, triste, ha dato poco.
    Prima pensavo che il bisogno di evadere fosse qualcosa che si agita nel sangue quando si è giovani, ma mi sbagliavo: questo desiderio, se è solido, resta dentro e cresce con noi nel tempo e si realizza finché le forze fisiche e mentali lo consentono. Sì, l’avventura è in primis una questione psichica: quanto la vogliamo e quanto l’amiamo? Quanti sacrifici siamo disposti a fare per goderne i piaceri? Quanto è viva la nostra pervicacia nel superare gli imprevisti, che qualche volta possono diventare brutti e fastidiosi?

    RispondiElimina
  7. QUARTA RISPOSTA, DISTRIBUITA IN 6 PUNTATE.
    Matteo,
    Quanto tempo lasceremo passare dopo la fine di un viaggio, senza essere tentati di nuovo dal desiderio di ripartire verso altri luoghi? L’amore per l’avventura non è questione d’età, ma di eventuali richiami per altre scoperte: si può cercarla e viverne intensamente a vent’anni come a trenta, a cinquanta e oltre ancora. Tutto dipende da quale condizione psicologica si affrontano le esperienze che si presentano.
    È inutile nascondere il desiderio, mai spento, di riprendere ogni volta il mio vagabondaggio. Per me fare il giramondo è stato senza dubbio meglio che rimanere soltanto un lavoratore. Il globo è una grande scuola di vita, le fabbriche e gli uffici no davvero. Si lavora per guadagnare, e poi? Necessita sfruttare questo fattore essenziale e convertirlo in una cura didattica-ricreativa. Questo mezzo di sopravvivenza che la società – ossia noi – ci mette a disposizione, non deve arrivare ad annullarci come individui. C’è da scegliere: se assecondare e difendere la propria personalità, o farsi schiacciare dalla frenesia del consumismo. Giungere a sessant’anni, voltarmi indietro e vederne quaranta di lavoro e nulla più, non faceva per me. Ovviamente ciascuno di noi appartiene a una comunità e uscirne può essere più doloroso di quanto si possa prevedere. Vita di gruppo e isolamento: è il rovescio della medaglia. La solitudine, la mancanza di veri amici con i quali dividere felicità e angosce, la mancanza del calore della propria donna, spingono a volte l’uomo sull’orlo della rinuncia alla vita. Si è tentati di chiudersi in se stessi e di disprezzare il mondo. È necessario invece reagire alla mancanza di calore umano; è bene immaginare l’avventura che si sta vivendo come una parentesi straordinaria e incancellabile.
    Si vive in una società altamente tecnologica, dove perfino le evasioni dal meccanismo quotidiano sono monopolizzate dall’alto. Siamo sommersi dalle campagne martellanti a favore della libertà; però quando un cittadino stacca dalle proprie spalle la sigla di “ape operaia”, quando s’identifica nella libertà tanto propagandata… allora è bandito dall’ingranaggio sistemistico, nel quale il denaro differenzia le persone. Ed ecco che le pecore si trasformano in lupi, pronti a sbranare il perturbatore della quiete pubblica.
    Quando mi sentivo libero, mi sentivo partecipe della vita: non un robot con il cervello disseccato, privo di qualsiasi capacità di provare emozioni. Lo so che la libertà autentica è un’utopia, ma un poco in essa dovevo pur credere, perché c’è una possibilità d’essere libero. È giusto pensare al proprio benessere, ma ancor più giusto è sperimentare ogni tanto una vita colma di fascino e d’imprevisti.
    Ci vengono inculcati tanti falsi valori quali “valori reali”, perciò spesso finiamo, a torto, di credere che la felicità sia il materialismo o la vincita al lotto. Poi però qualcosa dentro di noi dice NO, non è vero! La verità non può essere questa, c’è altro da cercare e da scoprire. Ma vivere sognando a occhi aperti è inutile: bisogna cercare di realizzare ciò che si desidera se veramente lo si desidera... affinché si eviti che la luna diventi un sogno per chi, in realtà, non ha sogni. È per ciò che ogni tanto c’è chi s’imbarca su una zattera o su uno scooter e parte: solo alla ricerca, in fondo, di qualche particella di verità.
    Io potrei autodefinirmi un viaggiatore “saccopelista” (antipatico termine coniato dai giornalisti nell’estate 1986). La mia “categoria”, al contrario di quella del turista classico, è più soggetta a furti, scippi e inganni vari per il modo diverso di viaggiare: si va in economia, si cerca di stare in contatto con i nativi (e purtroppo fra questi s’incontra spesso qualche furbacchione), ci si fida degli incontri casuali in mancanza di alternative.

    RispondiElimina
  8. QUINTA RISPOSTA, DISTRIBUITA IN 6 PUNTATE.
    Matteo,
    Si rischia quindi di diventare facile preda dei malviventi. Però le nostre emozioni sono più forti e insostituibili… Del resto si assicura che non si è buoni viaggiatori di lunghi percorsi senza avere subìto furti o aggressioni, come difficilmente si è buoni corridori motociclisti senza essere mai caduti dalla motocicletta. La differenza principale che c’è fra il viaggiatore e il turista è che quest’ultimo è riverito, coccolato, “portato” sui luoghi da visitare, mentre il viaggiatore “va” di sua iniziativa sui luoghi prescelti, è accettato con diffidenza (e qualche volta maltrattato) un po’ ovunque negli uffici pubblici, rischia sempre di persona e si adatta a vivere in qualsiasi situazione. Se il turista s’indigna appena trova uno scarafaggio nel lavandino della propria stanza, il viaggiatore è ben contento di dormire all’addiaccio o in locande miserissime ma economiche. In sostanza il “turista della domenica” spende in trenta giorni quanto un viaggiatore in otto mesi. È chiaro che colui che è benestante, e ha soldi da spendere a palate, con ogni probabilità non è indotto al risparmio.
    Io ero un amante dei viaggi lunghi e disdegnavo i percorsi realizzabili in pochi giorni, perché questi ultimi li consideravo vuoti e incapaci di darmi quel che cercavo. Ci vuole parecchio tempo per captare alcuni stati d’animo e certe sensazioni, ed è quasi impossibile coglierli al volo.
    Quanto a chi viaggia in tempi brevi mi è difficile pensare a un viaggio di venticinque giorni soltanto, durante il quale più che altro si macinano migliaia di chilometri. In un arco di tempo così breve io mi limiterei a scegliere un itinerario corto, anche se in effetti in venticinque giorni, volendo, si possono attraversare i continenti… sì, ma come? Non credo che in un mese si riesca a scoprire gran che di altre popolazioni, né mentalità, né usanze. Può sembrare esagerato fare un viaggio di undici o sette mesi, ma non è così: il tempo corre veloce e ci si rende conto che c’è ancora tanto da vedere e da conoscere. Attraversare velocissimamente un continente, alla Speedy Gonzales, non mi attirava per niente e se avevo poco tempo a disposizione evitavo di partire.
    In tutti questi viaggi spartani non ho mai usato, né portato appresso, alcun telefono cellulare, che magari, in certi casi, avrebbe potuto essere utile se non altro per chiamare qualcuno e confessargli che avevo dei problemi. Io sono però altresì convinto che, spesso, si possa riuscire a cavarsela da soli senza dover ricorrere a quell’ingombrante oggetto: basta rimboccarsi le maniche e darsi da fare, senza aspettare l’“aiuto celeste”. Sono riuscito a vivere anni senza l’ossessione del cellulare che, per conto mio, considero davvero indispensabile solo in poche occasioni nella vita. Per non parlare poi della sudditanza psicologica verso queste onde elettromagnetiche, dovute al fatto di poter comunicare sempre e con chiunque… di poter essere sempre reperibile e disponibile, e di darsi importanza. Dicasi lo stesso per chi compie incredibili avventure, non muovendosi però prima di essersi assicurati la disponibilità dei collegamenti satellitari in modo da far sapere sempre quel che si fa e dove si è. Sarò all’antica, ma io concepisco l’avventura come un qualcosa di intimo che, quando si vive, deve rimanere dentro di noi senza sbandierarla ai quattro venti in diretta… altrimenti, più che “avventura”, ciò diventa propaganda commerciale fine a se stessa (nella migliore delle ipotesi e senza pensar male…). L’abuso del telefonino (e quindi anche dei collegamenti satellitari) è una moda dettata – anche questa – dalla frenesia consumistica, è la schiavitù dell’era moderna e io, nel limite del possibile, me ne scanso senza alcun pentimento.

    RispondiElimina
  9. SESTA E ULTIMA RISPOSTA, DISTRIBUITA IN 6 PUNTATE.
    Matteo,
    Parli di mode, di essere avverso a tutto ciò che diventa un uso comune a tutti; ecco, anche l’usanza di muoversi così è una moda. Rimanendo in tema, c’è da puntualizzare che io non mi sono mai appoggiato a eventuali sponsor e non ho mai avuto alcun aiuto economico, organizzativo, logistico, né tantomeno collegamenti satellitari... perché ho voluto rimanere fino in fondo uno “spirito libero” senza essere condizionato da itinerari e da programmi dettagliati. Di gente che scorazza in su e in giù per il globo, sovvenzionata da varie Case motociclistiche, automobilistiche, emittenti televisive o quant’altro, ce n’è parecchia. Questo, però, non era il tipo di viaggio che mi attirava perché in fin dei conti per me significava poco muoversi con alle spalle aiuti del genere. Troppo “freddo” e facile viaggiare così, con un’avventura esageratamente pubblicizzata: è la legge di mercato, chi grida di più la vacca è sua. Io apprezzo moltissimo coloro che, pur senza aiuti economici, vanno dove vogliono seguendo i sentieri meno battuti, assaporando fino all’ultimo il fascino dell’avventura. Il vero viaggiatore – naturalmente secondo me – è colui che sa cosa significhi partire, per qualsiasi itinerario, senza date da rispettare: è colui insomma che non vuole essere condizionato dall’esiguo periodo delle ferie, bensì vuole assaporare appieno un’ebbrezza rivitalizzante che solo senza date fisse e implacabili si può ottenere.
    D’altro canto programmare un viaggio, perfino nei particolari, non è un’abitudine dei veri viaggiatori, come non è loro abitudine vedere tutto frettolosamente per mancanza di tempo. È questo il punto: per me aspettare ore per ottenere un passaggio sui più scalcinati mezzi locali non è perdere tempo, ma al contrario mi aiuta ad approfondire le mie conoscenze sulla realtà del luogo… anche se a volte può non essere piacevole. La nozione d’orario non esiste nel deserto e la pausa del tè è un momento assai importante. Non ritardano il viaggio, ne è parte: saper aspettare vuol dire sapere pensare. Quando si hanno pochi giorni a disposizione si rischia di fare gli ingordi, correndo come matti nevrotici, schiavi della superficialità prodotta dal consumismo occidentale. In questi casi ci si muove pure all’avventura, però con i portafogli grossi così, senza di cui non ci si sposterebbe di un metro.
    E per ultimo l’argomento più spinoso: la situazione sentimentale. Qui, caro Matteo, è proprio arduo decidere cosa fare. In questo, mi dispiace, nessuno ti può aiutare più di tanto. Io all’epoca o avevo ragazze con rapporti soprattutto superficiali, oppure, verso gli ultimi viaggi, avevo chi accettava appieno il mio modo di vivere. Questo è capitato in particolar modo quando ero andato sette mesi in Sud America, con una tipa la cui relazione era tutt’altro che semplice (lei era oltretutto separata e con un figlio di sei anni). Infatti, due anni dopo il mio ritorno, ci siamo lasciati. E io sono rimasto contento del mio viaggio: guai se non l’avessi fatto, magari per starle vicino. Se un rapporto funziona bene si accettano anche queste parentesi che possono sembrare egoistiche, ma lo sono anche i sensi di colpa che si trasmettono a chi è vicino. Quanto è vero l’antico detto “se ami qualcuno lascialo libero”.
    In Madagascar, invece, la mia ragazza era quella che adesso è mia moglie. Lei capiva com’era importante per me andare via e non mi ha mai ostacolato. Ma non ero più un giovincello e quindi quello è stato il mio ultimo viaggio solitario; dall’anno successivo con lei ho visitato Indonesia, Mosca, Filippine (viaggio di nozze), Bangkok, Petra, Corsica. Ovviamente non sono comparabili con i miei precedenti viaggi, tuttavia avevano anche questi un alone spartano perché la mia compagna aveva uno spiccato spirito di adattamento. Non abbiamo prenotato alcun pernottamento (tranne che a Mosca, perché obbligatorio), limitandoci solo alle prenotazioni degli aerei. Uno zaino in spalla a ciascuno e via…
    Matteo, spero di essere stato esauriente, ma si potrebbe continuare.
    In gamba.

    RispondiElimina
  10. Giorgio, su questo blog ho dato un’occhiata alla tua tabella di marcia per Capo Nord: è una cosa da urlo. Ricopiandola spicca che la tua prima tappa è stata di 924 km, e il 2° giorno eri già in Svezia (dopo lo sbarco del traghetto, per un percorso sul suolo stradale di 857 km). Il 3° giorno eri arrivato a Stoccolma (km 580). E anche le altre tappe non scherzano: km 585 711 e infine 713 (Nord Kapp – 6° tappa – a una media giornaliera di km 728,33). Pazzesco. Sono davvero numeri significativi: sei stato velocissimo e instancabile… e parliamo del 1976, non di adesso.

    RispondiElimina
  11. Marietto, non farti incantare dalle cifre e pensa piuttosto che il muoversi rapido non sempre sia un fatto positivo, ma appartiene proprio all’età anagrafica. Quando si è giovani si vuole rincorrere il mondo, come una scheggia impazzita, per timore di non farcela a soddisfare le proprie voglie. Io sono dell’idea, adesso che giovane non lo sono più da un bel pezzo, che quando si arriva in un posto che ci ha preso il cuore sarebbe bello rivederlo dopo quattro decenni o giù di lì… perché si osserverebbe sì la stessa cosa, ma con occhi diversi. Per andare a Capo Nord viaggiavo spedito come un razzo, in maniera nevrotica, non facendomi distrarre da nulla e non ero mai stanco. Non a caso l’età della massima forma fisica, io penso che sia tra i ventitré e i trentatré anni: sbaglio? L’età detta è casuale… ma non troppo, perché c’è molta verità in essa: infatti, in quel periodo ho fatto tante belle avventure, mettendo a dura prova il mio fisico… ma senza danni. Tuttavia, se per assurdo dovessi rifare adesso quel viaggio mi concederei delle soste, anche perché Nord Kapp non è poi così distante e ci si arriva in breve tempo, quindi si può affrontare con calma essendo pure un percorso facile e privo di tutte le difficoltà che invece ho trovato nel continente asiatico. Forse, in età giovanile, anch’io sono stato vittima della subdola trappola che, ahimè, coinvolge molti viaggiatori, sempre convinti di avere, chissà come mai, un’altra possibilità per vedere le cose belle e uniche nel mondo. D’altronde, però, non si può essere presente dappertutto. Io me la sbrigherei in questo modo: ci sono tragitti di spostamento, utili per muoversi da una località all’altra e pertanto percorribili velocemente. Poi ci sono itinerari che fanno sognare, e allora lì sarebbe un vero peccato passarci in fretta e furia.

    RispondiElimina
  12. Giorgio, finalmente ti ho trovato: grazie a internet. Sono quasi trent’anni che non ci vediamo. Ti ricordi di me? Eravamo lì lì per sposarci, all’inizio degli anni ottanta, poi però la tua passione per i viaggi ha avuto il sopravvento. Io sono stata sposata per 14 anni, ma adesso sono separata e sono tornata a vivere da mia madre, che è sempre più vecchia e malandata (oltre che vedova da un po’ di anni). Stessa casa di allora, ti ricordi? Non ho figli, ma leggo che tu invece hai una figlia: è tosta come te? Ti penso spesso e il tuo 1° libro, che mi hai regalato, lo conservo come un cimelio. Adesso mi piacerebbe avere anche il 2°, ma direttamente dalle tue mani. Possiamo rivederci, magari anche assieme a tua moglie… così per evitare equivoci? Come ben sai, io ho sempre avuto una gran cura maniacale per il mio corpo (esteticamente parlando) e ti dico che il mio aspetto fisico è ancora al Top. Ti piacerei ancora, ci puoi scommettere. Comunque mi maledico di aver rinunciato a te con troppa disinvoltura: che stupidata che ho fatto! Io con internet non ci capisco niente, sono proprio un’imbranata, e anche per questo intervento sono stata aiutata da un’amica, vicina di casa, altrimenti non ce l’avrei mai fatta da sola. T’invio una mail con scritto il mio numero di telefono. Ciao.
    Maddalena Volpi

    RispondiElimina
  13. Maddalena, che piacere leggerti; è una vita che ci siamo persi di vista. Quanto è durato tra noi? Qualche annetto, tutti focalizzati in quei lontani Anni Ottanta del secolo scorso, quando io mi ero appena trasferito a Milano. In quel periodo sei stata un mio grandissimo punto di riferimento. Adesso, però, non so se sia una cosa azzeccata rivederci: forse è meglio lasciare tutto ai bei ricordi, non trovi? Viviamo nella stessa città, però ci dividono dieci chilometri… e di occasioni per andare nel tuo quartiere degli Olmi io non ne ho mai. In ogni caso non posso certo dimenticarti e per dimostrarlo aggiungo che rammento ancora bene la tua data di nascita: è il 23 gennaio 1955, vero? Ci sentiamo.

    RispondiElimina
  14. Giorgio, ti seguo da un po’ di tempo. Prima di tutto ti faccio i miei auguri per il progetto che leggo su questo blog, per il tuo doppio libro che hai in cantiere… della serie “lascia o raddoppia”? E tu vuoi raddoppiare, giustamente. È giusto che ci tieni a questa nuova pubblicazione, con due libri in contemporanea anziché uno solo, anche perché ne hai i requisiti per farlo. Leggo anche che stai pensando di impaginarlo ancora una volta tu stesso, ma stavolta attraverso la piattaforma “KINDLE DIRECT PUBLISHING” di cui però non sai nulla perché non la conosci. So che cerchi qualcuno che ti dia informazioni utili per la pubblicazione cartacea di questi 2 libri. Peccato che io (avendo tra l’altro due anni più di te) non ti possa aiutare, ma senz’altro qualche esperto d’informatica santa pazienza si farà pure vivo… te lo auguro. Vuoi che non trovi nessuno che ti dia una mano? Non ci credo.
    In questo infausto periodo che si protrae ormai da circa un paio di mesi, siamo tutti sconvolti e impauriti dalla quarantena obbligatoria per via del Coronavirus; cosicché, avendo tanto tempo libero – e per non annoiarmi troppo – smanetto più del normale sul Web. E sul web… trovo, tra l’altro, anche i tuoi blog.
    Mi piace ricordare che il prossimo 20 luglio (allora però era un giovedì, mentre quest’anno sarà di lunedì) coinciderà con il tuo 42° anniversario dell’arrivo dal tuo avventuroso viaggio in India, con la tua mitica “Vespa 200 Rally”. Tutto ciò è citato su questo tuo ormai ben conosciuto Blog, che man mano diventa sempre più ricco di nozioni. Ed è parecchio visto, se si pensa che ha superato 1.750.000 visualizzazioni… e se continua di questo passo l’asticella di visibilità si alzerà sempre di più: ci scommetterei che fra pochi mesi arriverà a 2milioni, mica male. Di questo blog mi piace la tua presentazione, quella scritta in giallo che sta subito dopo la foto sul ponte Brooklyn e prima del biglietto da visita: è piena di fascino ed è divertente, con un senso ironico davvero simpatico. A parte che il Blog intero è accattivante e fa sognare. Comunque noto una cosa: Giorgio, lo stai curando ben bene questo Blog e non ha più l’aria quasi abbandonata di qualche tempo fa. È una miniera di notizie: sei un Grande, mantieni sempre alto il tuo mito… e un in bocca al lupo per il tuo nuovo libro (doppio o singolo che sia)… che spero tanto vada a buon fine. Ce la farai anche stavolta, ne sono convinto.
    Giosuè Colombo

    RispondiElimina